Fonte: Famiglia Cristiana
Andare in chiesa a Baghdad è liberarsi, per un momento, da una vita angosciante e insicura per chiedere speranza, quando tutto fa disperare. Così facevano i cristiani con i loro figli, la domenica sera, il 31 ottobre, nella capitale irakena. Ma molti sono stati feriti e 46 uccisi dai terroristi che hanno assaltato la chiesa.
Per i terroristi islamici i cristiani sono un obiettivo di chi combatte l’Occidente: «Che tutti gli idolatri, e in primo luogo il tiranno del Vaticano, sappiano che la spada assassina si avvicina al collo dei loro adepti…».
I cristiani sono ostaggi in un lrak dove si intrecciano criminalità, terrorismo e islamismo. Nemmeno un luogo di pace, come la chiesa, ha scoraggiato i violenti. Che fare? Innanzi tutto non dimenticare. I cristiani italiani debbono nutrire simpatia e vicinanza verso un Oriente cristiano troppo ignorato.
E' necessario, inoltre, che si faccia qualcosa. Il vescovo irakeno Casmoussa chiede un intervento delle Nazioni Unite. Non basta la deprecazione ufficiale che diventa rituale.
Importanti sono le voci musulmane di condanna. Il gran imam di Al Azhar, AL Tayeb, il leader musulmano più autorevole, ha dichiarato che l’islam interdice le aggressioni contro le chiese. Sono stati chiari anche i Fratelli musulmani in Egitto (la più antica organizzazione fondamentalista, nata nel 1928): «La protezione dei luoghi di culto di tutti i figli delle religioni monoteistiche è la missione di tutti, specie dei musulmani».
Larga parte del popolo islamico arabo depreca l’attacco ai cristiani arabi, che da sempre sono coabitanti con l’islam. Indubbiamente la sfida mediatico-terroristica di Al Qaida non è riuscita a egemonizzare il mondo musulmano. Ma questo non basta a proteggere la vita dei cristiani irakeni, che stanno emigrando in modo consistente.
Dall’inizio della guerra contro Saddam Hussein, i cristiani nel Paese sono calati quasi della metà e oggi ne restano tra 400 mila e 500 mila. La loro storia risale alle origini cristiane. Con l’invasione musulmana hanno conosciuto rare stagioni felici, in genere tempi duri, in cui si sono ritirati nel Kurdìstan montagnoso. Molti, pur pacifici e leali, sono stati massacrati durante la Prima guerra mondiale, sotto L’Impero ottomano. Oltre 200 mila, senza considerare gli armeni.
Gli scampati si sono sentiti sicuri in irak e poi in larga parte si sono trasferiti a Baghdad. Ora, dopo molti secoli di tenace resistenza, sembra che siano sul punto di scomparire. È un fatto doloroso proprio nella stagione dei diritti delle minoranze: non ci può lasciare indifferenti e insensibili.
Noi cristiani italiani, troppo ripiegati sui nostri problemi e un po’ vittimisti, dobbiamo imparare a soffrire con chi è perseguitato. Questa compassione ci dà una dimensione diversa della nostra vita e, forse, è il terreno in cui si può sviluppare il genio della solidarietà.