Fonte: Famiglia Cristiana
Un fisco più semplice: è la promessa del nuovo direttore dell'Agenzia delle entrate, Rossella Orlandi. Un tema vitale in Italia, dove la tassazione è pesante e complicata. I propositi della prima donna alla testa di un'istituzione poco amata fanno ben sperare. La Orlandi è conosciuta anche per la sua sensibilità sociale. C'è bisogno di ascoltare gli italiani sul fisco. Non credo si tratti solo di espressioni del vittimismo nazionale. Secondo il rapporto del Price Waterhouse Coopers, il lavoratore italiano medio (con due figli) sta peggio dei lavoratori dei Paesi del G20: gli resta il 50,59% del reddito a differenza del 58,10% del francese, del 60,61% del tedesco, del 60,45% dello statunitense, del 70,6% del messicano. Certo, le imposte sul reddito sono solo un tipo di tassazione. Ma la pressione fiscale in Italia è troppo forte. Il fatto che oggi non ci sia una ripresa fa temere nuove imposizioni fiscali.
LO SCANDALO EVASIONE La situazione è aggravata dalla forte evasione: su 100 euro di imposte pagate sembra che 31,19 siano evasi. Dal 1' gennaio 2013 al 30 giugno 2014 ci sono tre miliardi e 800 milioni di tasse non pagate già contestate dall'Agenzia. Sono cifre da capogiro. È uno scandalo. Ci vuole un vero salto di qualità. L'atteggiamento dell'Agenzia delle entrate è decisivo in questo senso. Per questo ho trovato semplicistiche le parole della Orlandi di pochi giorni fa (anche se poi si è scusata): «In Italia sanatorie, scudi, condoni sono pane quotidiano. Siamo in un Paese a forte matrice cattolica, abituato a fare peccato e ad avere l'assoluzione». Bisognerebbe ricordarsi che l'assoluzione del peccato non è il condono o la sanatoria. Esiste la responsabilità di restituire il maltolto. Non mi sembra che la tradizione cattolica italiana e il tessuto sociale e religioso da essa germinato siano all'origine dell'evasione fiscale. Del resto l'evasione fiscale è più bassa nella cattolica Spagna di quanto sia in Italia, mentre è più alta del nostro Paese nella Grecia ortodossa. Non è questione di religione, ma di senso del bene comune e di responsabilità sociale. La crisi mostra l'allentamento del vincolo comunitario e del senso condiviso del bene comune. Stiamo diventando una società di donne e uomini soli che pensano sempre più in termini individuali. La Chiesa ricorda agli italiani che da soli non ci si salva. Da questo nasce un tessuto sociale ed ecclesiale che, con i suoi limiti, ha un ruolo importante nella tenuta del Paese. Bisogna, partendo da quello che esiste, costruire una coscienza più larga di far parte di una comunità nazionale.