Fonte: Avvenire
La passione di Gesù ricorda che la sofferenza del Maestro non è un fatto isolato, ma continua tra i suoi discepoli. Questo è avvenuto in modo particolare nel XX e nel XXI secolo. È una realtà dolorosa di cui i cristiani hanno fatto fatica a prendere coscienza. Infatti una simile coscienza non solo chiedeva solidarietà per i perseguitati, ma anche una nuova concezione del cristianesimo nella storia. Soprattutto domandava che la storia del cristianesimo non fosse ridotta al nostro perimetro.
C'è stata (e rimane) una resistenza a ricordare in modo ravvicinato un martirio che svela il vero volto del cristianesimo e ridimensiona drammi e problemi dei cristiani del benessere. L'amnesia ha spesso anestetizzato la coscienza cristiana lungo il Novecento. Dimenticare tante sofferenze ci ha reso insensibili a molti altri dolori. Eppure questi anni sono stati un vero "secolo del martirio".
Il Novecento si è aperto con la strage di massa dei cristiani nell'impero ottomano durante la Grande Guerra.
Gli armeni lo ricordano ogni 24 aprile. In questo giorno, nel 1915, con l'arresto dei notabili armeni di Istanbul, iniziò la persecuzione che avrebbe spazzato via un milione e mezzo di armeni, assassinati, deportati in marce insensate e crudeli, internati in rudimentali campi della morte. Un mondo di chiese, quartieri, cultura e civiltà, laboriosità, fu distrutto in qualche mese. È Metz Yeghern (il Grande Male), come gli armeni chiamano il genocidio. Il 24 aprile 2015 ricorrono cent'anni dai massacri. La Chiesa armena lo ricorda canonizzando tutti i caduti armeni come martiri.
Questo centenario non riguarda solo la Chiesa armena. Tocca tutte le Chiese, perché – come insegnava Giovanni Paolo II – nel sangue dei martiri i cristiani sono già uniti. Forse le nostre Chiese locali potrebbero ricordare, almeno attraverso la preghiera, questo centenario di martirio cristiano che aprì il Novecento. Più volte la Cei ha richiamato i cristiani italiani a non dimenticare nella preghiera e nella solidarietà i perseguitati. Ebbene, i cristiani oggi colpiti in Medio Oriente sono spesso discendenti dei martiri del 1915. Qualche caduto nel 1915 (pochi), come il vescovo armeno-cattolico di Mardin, Maloyan, è stato beatificato. La maggior parte dei martiri sono anonimi. Ricordarli da parte delle nostre comunità cristiane sarebbe veramente opportuno, quando il secolo del martirio, cominciato nel 1915, si sta ripetendo. La preghiera è un degno ricordo. È anche un atto di giustizia dopo una lunga dimenticanza di tanto sacrificio.
Questa storia non è una vicenda turco-armena. Nel 1915 c'è stata la strage di tutti i cristiani: armeni ortodossi in prevalenza, ma anche armeno-cattolici, siriaci ortodossi e cattolici, caldei, assiri, e pure protestanti e cattolici latini. Il governo giovane turco (laico e nazionalista), al potere a Istanbul, volle una purificazione etnica degli armeni ortodossi, una strage preventiva accusandoli di separatismo.
Aveva garantito agli ambasciatori "cristiani" che sarebbero stati risparmiati gli altri ortodossi non armeni e i cattolici. Ma, per mobilitare i curdi e le masse anatoliche, fu usato l'odio religioso contro il giaour (l'infedele). Il disegno laico-nazionalista dei Giovani Turchi scatenò il fanatismo contro i cristiani in quanto tali. Quasi due milioni di morti. Finì un mondo di convivenza tra cristiani e musulmani. Fu Seyfo, il tempo della "spada": così lo chiamano siriaci, assiri e caldei.
Non mancarono giusti musulmani o yazidi che tentarono di salvare la vita ai cristiani, talvolta perdendo la loro. Fu però una immensa strage. Molti armeni e altri cristiani, specie donne, avrebbero potuto salvare la loro vita convertendosi all'islam: non lo fecero e morirono. Troppa polvere si è accumulata su questa memoria. Questo centenario avviene, proprio mentre le antiche ferite si sono riaperte con la persecuzione dei cristiani nel Vicino Oriente. La preghiera e la memoria delle nostre comunità nel giorno anniversario del genocidio sarebbe un segno importante nell'orizzonte difficile di oggi.