Fonte: Famiglia Cristiana
La tensione divampata nel ghetto dei bulgari riporta a galla storie di miseria, abbandono e sfruttamento. A Mondragone, il governatore della Campania De Luca ha chiuso quattro edifici, i “palazzi ex Cirio”, dopo la conferma di ben 49 contagi di Covid-19. È un’area abitata prevalentemente da famiglie bulgare che vivono di lavori marginali. Qualcuno ora manca all’appello. Qualcun altro, risultato positivo, è scappato. Il fatto è preoccupante. Invece un’ottantina di persone sono state portate altrove per essere isolate e curate.
È una situazione difficile da tempo. C’è chi abita abusivamente gli alloggi. Alcuni vivono di lavori saltuari, altri sono braccianti o edili. Spesso i caporali li reclutano senza contratto, con turni pesantissimi. Bisogna conoscere da vicino il mondo dei bulgari (che sono cittadini europei), i quali vivono in una forte marginalità e arretratezza anche culturale, con grandi limiti linguistici e comunicativi, spesso sfruttati specie per i lavori agricoli. Non mancano anche lo sfruttamento minorile e la prostituzione.
Il “ghetto” bulgaro è un luogo triste e infelice: una di quelle isole di dolore cui la politica non ha posto mente in modo fattivo e creativo, tollerando e talvolta reprimendo.
Ma ci vuole un pensiero sul territorio. I contagi hanno preoccupato la popolazione di Mondragone, allarmatasi soprattutto quando un gruppo di bulgari ha tentato di uscire dall’isolamento per cercare cibo (forse – sostengono alcuni – non avevano capito bene la loro situazione sanitaria). Altri parlano di una protesta dei bulgari affamati e senza lavoro. L’uscita dalla zona di sicurezza ha creato ansia nella popolazione. C’è stata una risposta (limitata) con una sassaiola di un gruppo. La rabbia è stata sfruttata dall’estrema destra. Poi le autorità hanno ripreso il controllo della situazione con la presenza delle forze dell’ordine e dell’esercito. Salvini ha tentato di soffiare sul fuoco recandosi a Mondragone. La popolazione, pur preoccupata della situazione sanitaria, è rimasta calma.
Il problema è la condizione dei bulgari e la loro scarsa integrazione con gli altri abitanti. Mancano mediatori culturali e assistenti sociali, figure di prossimità (su cui non si investe) che evitino processi di ghettizzazione. Il contagio del Covid-19 ha fatto esplodere una tensione che covava sotto la cenere tra i bulgari e una comunità preoccupata della propria salute.