Fonte: Famiglia Cristiana
La Turchia, negli ultimi anni, ha condotto una politica molto autonoma dagli Stati Uniti e dalla Nato, con relazioni strette con la Russia e nei rapporti con l’Iran. Ankara ha cercato di ritrovare un ruolo nelle regioni ex ottomane, come Siria, Balcani e Iraq, tanto da far parlare di “neottomanismo”. Ma non tutto va bene per il “sultano”, come si pensava dopo la sua elezione presidenziale.
La Turchia, Paese della Nato, è stata per decenni il bastione dell’Occidente verso l’Est sovietico. Le sue forze armate sono le più folte dell’alleanza, dopo quelle degli Stati Uniti: un milione di uomini con il servizio militare obbligatorio. Queste forze armate, fino ai radicali cambiamenti introdotti da Erdogan, al potere da più di quindici anni, esercitavano un controllo sulla vita politica, vigilando anche sul rispetto della laicità dello Stato voluta da Ataturk. Il ruolo politico delle forze armate è finito e l’islam è professato in pubblico. Ma oggi in Turchia si vive meglio, soprattutto nelle regioni interne, un tempo segnate dal sottosviluppo.
Erdogan ha ricevuto il 53 per cento dei voti alle ultime elezioni. L’opposizione resta forte, nonostante il controllo sui media, le limitazioni all’opinione pubblica e le misure di sicurezza, specie dopo il fallito colpo di Stato, che ha portato ad arresti e purghe.
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