Fonte: Corriere della Sera
Caro direttore, con la morte di Oscar Luigi Scalfaro scompare uno degli ultimi grandi democristiani. Presente nella vita pubblica fin dall'Assemblea Costituente, più volte ministro, Scalfaro è stato anche il democristiano che ha esercitato maggiore influenza nella lunga transizione dalla Repubblica dei partiti al tempo di Berlusconi. È stato capo dello Stato dal 1992 al 1999. La storia dovrà approfondire il suo ruolo, tutt'altro che cerimoniale o notarile. Dopo il crepuscolo teso di Francesco Cossiga, Scalfaro ha inaugurato uno stile di presidenza della Repubblica caratterizzato da un forte esercizio delle responsabilità. Lo richiedevano – a suo giudizio – la necessità politica e l'interpretazione del dettame costituzionale.
Durante la presidenza, apparve la tempra dell'uomo che la grande stampa non aveva valutato con la dovuta attenzione, liquidandolo spesso come bigotto o moralista, mentre era stato considerato dalla sinistra un acceso e preconcetto anticomunista. Si era infatti opposto al Pci e al suo ingresso nell'area di potere con il compromesso storico e il governo Andreotti. Scalfaro era molto differente da Andreotti, definito «cardinale esterno» da Massimo Franco. Il democristiano romano ha sempre goduto dell'appoggio della Chiesa e ne ha interpretato le politiche (passando dall'anticomunismo alla collaborazione con i comunisti negli anni di Paolo VI). Scalfaro, da presidente, nonostante il suo dichiarato cattolicesimo, non è stato l'uomo della Chiesa e della romanità ecclesiastica.
Anzi si è determinata una freddezza tra il presidente e il vertice della Cei (Conferenza episcopale italiana), di cui non condivideva l'appoggio a Berlusconi, riverberatasi anche in Vaticano. È interessante capire la qualità della fede di questo cattolico novarese, nato nel 1918, iscritto all'Azione cattolica dagli anni Trenta, che sempre ha portato il distintivo dell'associazione, anche quando è salito alla più alta magistratura dello Stato. La partecipazione all'Azione cattolica negli ultimi anni del regime significava formarsi in una prospettiva non fascista e in una visione alternativa al regime. Gli studi giuridici nell'Università Cattolica di padre Gemelli avevano rafforzato in lui il senso del valore del diritto e della legge. Per lui la Chiesa e il diritto erano la patria della libertà e del valore della persona. I lavori della Costituente lo avevano fatto partecipare giovanissimo a quel processo di scrittura della Costituzione, che – vari decenni dopo – era per lui sino il testo di riferimento della vita pubblica italiana.
Cattolicesimo fervente, senso della legge, valore della Costituzione erano componenti decisive di questo democristiano anomalo che, nel clima romano del secondo dopoguerra, non si era piegato a facili intese o accomodamenti. Non era stato affascinato dal riformismo sociopolitico e ecclesiale di Giuseppe Dossetti. Non era tenero nei confronti dei comunisti, proprio guardando alle persecuzioni nell'Est europeo. Anche se vicino a Scelba nella Dc, il suo riferimento era stato Alcide De Gasperi. Gli sembrava cioè che De Gasperi incarnasse il senso del bene comune e il fare politica, richiesti a un cattolico al servizio dello Stato. Nel 1974 si era battuto con la Chiesa per l'abrogazione della legge che consentiva il divorzio in Italia. Aveva però alto il senso della laicità dello Stato secondo la lezione di De Gasperi. Attentissimo al mondo cattolico e alle sue espressioni che frequentava, ribadiva la responsabilità dei politici nelle loro scelte e non amava la presenza ecclesiastica in politica.
Era un cattolico non facilmente catalogabile: non clericale, non cattolico adulto, ma certo cristiano fervente. Bisognerebbe indagare di più sulla spiritualità di Scalfaro, mai nascosta. Il suo cattolicesimo era tradizionale. Ben da prima del Vaticano II, era un amico dell'ebraismo e di Israele. La sua pietà era fortemente mariana. Anzi aveva a lungo manifestato interesse per il messaggio della Madonna di Fatima con la sua valenza per una rinascita dell'Europa caratterizzata dalla fine del comunismo. Anche durante la sua carriera politica, aveva parlato nelle chiese e tenuto conferenze religiose. La Bibbia e il Vangelo gli erano molto familiari. Assisi e San Francesco erano riferimenti per la sua pietà personale. Per lui questi erano i fondamenti di una pratica quotidiana della fede. Una figura di ecclesiastico a lui molto vicina, il novarese cardinale Poletti, Vicario di Roma dal 1973 al 1991, parlava di coscienza religiosa della responsabilità. Questo era il sentire di Scalfaro, un uomo dall'apparenza severa che, specie negli ultimi anni, mostrava con sempre più naturalezza una grande umanità.