Fonte: Avvenire
Il Libano è prezioso per l'ecologia umana,politica e religiosa del Mediterraneo. Perché senza il Libano il Medio Oriente sarebbe orbo di una presenza e il mondo sarebbe più povero.Questo il Papa ha voluto dire con la sua visita. E noi ora dobbiamo fare tesoro del suo messaggio». Parola di Andrea Riccardi, ministro per la cooperazione intemazionale e l’integrazione e grande esperto di dialogo interreligioso, oltre che profondo conoscitore del Paese dei cedri.
Ministro, perché il Papa ha voluto a tutti i costi questo viaggio?
Benedetto XVI si è calato in una situazione di grande difficoltà: per la fragilità intrinseca della società libanese, per l'eventuale contagio della vicina crisi siriana, per il clima che si respira nella regione in seguito alla recente forte protesta antioccidentale. Eppure il Papa con grande semplicità e fermezza, con un atteggiamento che definirei antieroico, ha lanciato il suo appello alla riconciliazione. Io ho trovato questo viaggio tra i più interessanti del pontificato: papa Ratzinger ha confermato di essere un grande leader spirituale.
Che cosa ha detto di nuovo il viaggio sul piano dei rapporti e del dialogo tra cristiani e i musulmani?
Intendiamoci. Il Libano non è il dialogo, ma una situazione particolare. Sono stato lì per la prima volta nel 1982 e non erano passati molti giorni dalle stragi di Sabra e Shatila. Ho visto i campi distrutti, il centro della città martoriato, la cattedrale melkita profanata. Il Libano è un luogo dove la violenza può scoppiare da un momento all'altro perché è un mosaico di 18 confessioni diverse, tra cristiani e musulmani. Tuttavia bisogna chiedersi: questo stare insieme delle diverse fedi è una condanna allo scontro o un laboratorio del mondo futuro? Io credo che il Papa con la sua presenza abbia voluto sottolineare proprio la civiltà del convivere nel rispetto dell'altro.
Un messaggio solo per il Libano o per l'intero Medio Oriente?
Soprattutto per il Libano. Starei molto attento ad allargare il discorso, perché in questa stagione della «primavera araba» ogni Paese ha la sua storia. Il messaggio del Papa è innanzitutto per il Libano che oggi è molto minacciato. Potrebbe anche scomparire e noi occidentali non ce ne rendiamo conto e non facciamo tutto il possibile per sventare la minaccia.
Qual è, dunque, il messaggio per l'Occidente?
Dobbiamo far tesoro dell'insegnamento dei Pontefici. Giovanni Paolo II diceva che il Libano è un messaggio. E in effetti è così anche per la presenza dei cristiani, i quali lì non sono cittadini di serie B. Il Papa è andato in Libano per ribadire che i cristiani sono il popolo della convivenza, il popolo che sa vivere con gli altri e che il Vangelo è un messaggio di amore e non di odio. Inoltre Benedetto XVI ha voluto dire ai cristiani mediorientali che non sono abbandonati, che il loro futuro non è fuggire dal Medioriente. Anche perché, se la regione perderà i cristiani, poi verrà l'ora dei musulmani moderati, dei dissenzienti, delle donne, dei giornalisti e alla fine ogni spazio di libertà sarà cancellato.
Ma tutti questi aspetti della visita, secondo lei, sono stati colti?
Credo che i media non abbiano sottolineato a sufficienza due aspetti. Uno è il coraggio del Papa che non vuole certo fare l'eroe, ma sa che la parola della Chiesa può suonare come una parola di pace. L'altro è la forza del suo messaggio di fronte all'atteggiamento di una comunità internazionale, che -ad esempio- davanti alla crisi siriana, o assiste impotente per mesi e mesi, o dice che ci vuole l'intervento militare. Il Papa, invece, pur in una visione spirituale e religiosa, ha delineato l'assetto umano di un nuovo Medio Oriente, cioè l'assetto basato sul valore del vivere insieme tra diversi. In questo ha anticipato di molto l'Occidente, indicando chiaramente la strada.
Lei insiste sulla convivenza tra diversi. Ma, ripartito il Papa, proprio in Libano una grande manifestazione di Hezbollah, che pure avevano salutato il Pontefice con propri striscioni di benvenuto, ha nuovamente inneggiato all'odio antioccidentale.
Non possiamo semplificare un discorso complesso che meriterebbe di essere sviluppato con altra ampiezza. Ciò che conta è che il Papa è andato a dire ai libanesi di difendere il Libano, di non lasciarsi prendere dalla tempesta che divampa intorno a loro. Piuttosto mi ha molto colpito la presenza dei musulmani agli incontri con Benedetto XVI e questo dimostra che la gente avverte che egli era lì come una guida religiosa capace di guardare davvero al bene comune e non all'interesse della propria fazione. Come un uomo di Dio autore di una profezia di libertà e di pace.