Fonte: La Repubblica
ROMA — Ministro Riccardi, quanta disperazione ha nell'animo un uomo che si asserraglia in un ufficio di Equitalia, come è accaduto a Bergamo?
«Non mi sento di giudicare un uomo il cui dramma non conosco. Certo è ricorso a mezzi estremi e violenti che sono da condannare. Però vedo il disagio sociale. So che la gente ha fame. Lo vedo alle mense. Quanta gente si presenta, chiedendo di mangiare. E vedo che i luoghi della solidarietà sono sotto pressione».
La crisi "morde", la vicenda di Bergamo è un ennesimo esempio.
«Il disagio sociale e la disperazione vengono dalla crisi economica che stiamo attraversando, ora acuta, ma presente da qualche anno. E poi c'è un'altra crisi, quella più profonda che viene dalla solitudine e dall'assenza di reti sociali».
A cosa si riferisce?
«In altritempi un operaio licenziato, un uomo m una situazione difficile avrebbe avuto un ambito in cui discutere in modo efficace, penso a varie reti di solidarietà e anche alle sezioni dei partiti: luoghi in cui il dramma personale si inseriva in un discorso collettivo. Oggi queste reti sono in gran parte dissolte e la gente è sola nel quotidiano. Ripeto, non posso giudicare il dramma di quell'uomo, però penso che spesso gli uomini e le donne italiani, che vivono una situazione drammatica, si sentono soli davanti alle istituzioni».
E il vostro governo tecnico è attento a far quadrare i conti più che alle questioni sociali?
«Sento che si dice questo, lo dicono anche i media. Però io non mi sento insensibile. Parlavo ieri mattina con Monti proprio di questo problema, delle difficoltà della gente. Il presidente del Consiglio è molto sensibile. Non è vero che questi problemi non ci sono presenti. Il clima in cui sono state prese certe decisioni — sul lavoro, sull'Imu, sulle pensioni—era un clima grave. questo governo non è una accolita di spensie rati tecnocrati. Dico la verità, non sto facendo un'affermazione formale. Poi alcune decisioni il governo le ha prese, una stretta è avvenuta. Ora bisogna puntare sulla ripresa e occorre aiutare alcuni settori, ad esempio la famiglia. Le risorse che ho nel dipartimento famiglia le ho messo tutte — sono 81 milioni di euro — per l'assistenza degli anziani a domicilio e gli asili per i bambini. Ho la speranza che qualcosa di più si possa fare in questo settore. Capisco che sono gocce in un mare, però questo impegno c'è. Non dico che siamo infallibili. Punteremo alla ripresa, perché torni il lavoro».
Lei parla di crescita. Con quali misure?
«Ci vuole ripresa, ma anche reti umane, reti di senso, perché la gente è troppo sola. Da soli diminuisce la vogli a di lottare. Non vo – glio moralizzare il discorso, ma c'è la solitudine che spinge alla rassegnazione e alla disperazione. Il governo sta lavorando per una fase di crescita. All'estero vado a fare cooperazione ma anche a favorire le aziende italiane; quindi non solo in nome della solidarietà ma aiutando il sistema Italia».
Sulla proposta di Alfano di compensare le imprese con meno tasse a fronte dei crediti della pubblica amministrazione, lei è d'accordo?
«Non è il mio campo, bisogna chiedere ai ministri competenti».
È preoccupato di una crisi che si aggrava giorno dopo giorno?
«Giro il paese e incontro la gente. Essere governo tecnico, essere un ministro tecnico per me vuol dire vivere un contatto con la gente, ascoltarla, sentire i loro disagi, i suggerimenti ad esempio sugli sprechi. Sono preoccupato della drammaticità della situazione. Credo che le persone chiedono non solo pane, ma lavoro e di essere aiutate a orientarsi. Se no, ci si sente impotenti e i' impotenza è anche perdita di opportunità. Bisogna rivitalizzare tutti i soggetti sociali e politici e ridare al tessuto del nostro paese più energia e speranza. Una società frammentata non cresce ma si ripiega».