Fonte: Corriere della Sera - Ed. Roma
E` ora di fermarsi e riflettere, perché in questa situazione «i problemi di Roma non si risolvono con la caccia al candidato: non è un uomo solo che salverà la città ma un gruppo dirigente che generosamente si fa carico con senso civico della cosa pubblica».
Gli scandali della Regione lasciano uno strascico sulla politica e sulla corsa al Campidoglio. Nulla è più come prima, e «c`è bisogno di una spinta nuova, c`è bisogno di inaugurare una stagione segnata da pensieri lunghi e da energie e risorse spese su Roma». E` la proposta di Andrea Riccardi, romano da due generazioni, storico, leader della Comunità di Sant`Egidio, ministro tecnico della Cooperazione e corteggiatissimo candidato a tutte le cariche pubbliche, in primis quella di sindaco.
«Il totonomine non mi convince – è la sua prima reazione – sono stato candidato già tante volte, anche dopo Mani Pulite. Ma io ora mi occupo di cooperazione».
Parliamo di Roma. Che cosa pensa di Alemanno?
«Faccio il ministro tecnico: parliamo di storia e di futuro».
Alemanno o Zingaretti?
«Andrò sicuramente e convintamente a votare per la mia città, come ho sempre fatto. Ma sono stanco di questo polarizzazione della nostra politica. Non credo ai salvatori della patria che di tanto in tanto compaiono sulla scena. Credo invece nel patriottismo delle cose, in una classe dirigente che abbia uno spessore tecnico e culturale».
Le piacerebbe un sindaco esterno, della società civile?
«La Roma delle professioni è una città molto ricca»
Anche se poco generosa con il pubblico.
«E` vero, Roma è poco pensata dalla sua classe dirigente che non si fa carico di avere un disegno per la città. Ma ci sono persone come il procuratore Giuseppe Pignatone, che mettono la loro faccia su grandi battaglie».
Farebbe qualche nome per guidare la città?
«Nomi? mai», sorride Riccardi: «Una figura come Carlo Giulio Argan (primo sindaco non dc a Roma dal 1976 al 1979, ndr) era molto autorevole».
Quali sono le priorità di Roma secondo lei?
«Mommsen nel 1871 disse a Quintino Sella che si domandava cosa fare di Roma Capitale: "A Roma non si sta senza propositi universali"».
Insomma ci vuole una grande idea, ne vede qualcuna?
«Non vedo idee su questa città. L`ultima è stata della sinistra con il riscatto delle periferie negli anni Settanta Ottanta. C`è stata quella dei "Mali di Roma" del cardinal Poletti. Anche Giovanni Paolo II aveva una alta idea di Roma ma non si è comunicata alla città. Così oggi Roma è fratturata. Il centro si sta trasformando in un museo all`aperto con la vita cittadina che si ritira. A Trastevere oggi ci vengono i vecchi trasteverini in gita turistica. C`è stata anche una vendita indiscriminata dei beni degli Istituti religiosi che sono stati trasformati in alberghi».
E poi c`è il problema della periferia.
«La gente ormai si sposta oltre il Raccordo. Con gli ipermercati che diventano le nuove piazze, i centri sostituitivi dell`aggregazione come se fossimo in una città latino americana o africana. Che fine ha fatto l`idea di usare le piazze di Roma come luogo di incontro dei cittadini del ricco e del povero del sano, del mendicante e dell`intellettuale».
Che cosa direbbe di fare alla nuova classe dirigente di Roma e del Lazio?
«Ci sono problemi impellenti, a partire dalla Sanità. C`è il disastroso buco ci sono anche tante eccellenze. E poi i trasporti. Ma le pare che Roma, che nella storia ha disegnato le strade del mondo, oggi è la città dove si sta in auto per ore? E` una cosa che cambia il carattere. Però devo dire che non tutte le colpe sono degli amministratori. Un po` è anche il carattere dei romani, la cultura dell`abusivismo interiorizzato. E infine i Rom: ma è possibile che una capitale non riesca a gestire 7.000 persone?»
Accelerare o rinviare le elezioni?
«Una nuova classe politica comunque non si trova in tre mesi».