Fonte: Avvenire
Lo storico: sa parlare i linguaggi del nostro tempo con intelligenza evangelica Una nomina che credo vada recepita in una logica di servizio e di vera comunità
La prima volta di un prefetto laico in Vaticano. Per il professor Andrea Riccardi si tratta di un segnale chiaro del Papa alla Chiesa e alla Curia.
«Ho due osservazioni da fare sulla nomina di Paolo Ruffini – esordisce il fondatore della Comunità di Sant’Egidio -. La prima riguarda la competenza della persona, che viene dalla conoscenza del mondo delle comunicazioni in cui si è fatto amare e stimare. Poi dalla rappresentatività profonda che quest’uomo ha incontrato nel sentire e nelle esperienze del popolo dei cattolici italiani ed europei. Diciamo che in lui c’è una storia che risale dal post Concilio e che ha vissuto fino a questi ultimi anni. È un uomo giusto, un professionista competente che farà bene nel favorire il dialogo tra il Papa e i mondi contemporanei».
La seconda osservazione?
Riguarda la scelta di un laico come prefetto di una Congregazione vaticana. Può apparire una contraddizione per motivi storici e giuridici. Mai infatti c’è stato un laico prefetto e se il Papa ha preso questa decisione, lo ha fatto in una revisione profonda dell’apporto laicale non solo alla vita, ma anche al governo della Chiesa. È stato un processo troppo lento che ha messo da parte energie profonde che potevano essere utili e benefiche. Ci trovo in questa nomina tutta la battaglia che papa Francesco fa al clericalismo nel mondo ecclesiastico e quindi anche a un’immaturità nel vivere il sacerdozio stesso. È il segno della volontà papale di superamento del clericalismo e un invito alla collaborazione tra laici e sacerdoti nel servizio e nel governo della Chiesa.
Questa nomina di un prefetto laico può essere seguita da altre?
Prima di tutto ci vogliono le persone giuste al posto giusto. La scelta di Ruffini lo dimostra e credo che si debba continuare questo cammino in un clima di collaborazione comunitaria tra le diverse componenti della Chiesa. In larga parte c’è stata finora una subordinazione dei laici, non una collaborazione, ma non vorrei che si facesse questo discorso in termini di rivendicazioni sindacali. Non si tratta di un assalto alla Bastiglia, di una sorta di populismo dei laici contro la casta dei chierici – che peraltro non vedo – né dobbiamo attenderci una reazione clericale. Sarebbe sbagliato ragionare in questi termini. Bisogna evitare la logica delle caste, affermando che ogni servizio della Chiesa non corrisponde ad alchimie sindacali, ma a quello che essa fa nel mondo. Il problema è invece servire il Vangelo e il Regno di Dio.