Fonte: Il Mattino
«La povertà a Napoli è anche solitudine e assenza di reti. E questo favorisce la malavita organizzata». Il ministro per la Cooperazione internazionale e l'Integrazione Andrea Riccardi partecipa alla messa in Duomo, celebrata dal cardinale Crescenzio Sepe, e invita l'intera comunità partenopea a rimboccarsi le maniche per arginare l'avanzata della camorra. Il suo intervento ha chiuso la due giorni sulla povertà voluta dalla Comunità di Sant'Egidio e dalla Diocesi di Napoli.
Qui la povertà offre manovalanzaalle organizzazioni criminali.Come intervenire?
«Le reti mafiose e camorristiche si sostituiscono spesso allo Stato colmando un vuoto. Il compito delle istituzioni locali, della Chiesa, della società civile, di noi tutti è allora di dar vita a un'alleanza, a una nuova rete. In questo modo sarà possibile ricreare una comunità nei luoghi dove uomini e donne sono soli».
Come unire le forze in un momento così difficile?
«La Chiesa è in prima linea in questa battaglia. In questi due giorni a Napoli è emersa l'Italia che non fa rumore, l'Italia che lavora con gli ultimi, con i poveri, molto preziosa in questo tempo di crisi. Per essere di tutti, infatti, la Chiesa dev'essere dei poveri».
I poveri sono anche gli emarginati.È favorevole ad una modifica dellalegge che riconosca cittadinanza italiana ai bimbi, figli di stranieri,nati Italia?
«E certamente auspicabile. Ho più volte posto questo tema e stiamo lavorando in questa direzione. Il governo è inoltre impegnato a sostenere la famiglia e le fasce deboli, come anziani, giovani e bambini, ad esempio con la costruzione di asili nido e con il progetto del servizio civile per 19mila ragazzi».
Qual è il messaggiodella politica di fronte alle tante incertezze del futuro?
«Oggi viviamo in un mondo scosso da tanti avvenimenti, dove la povertà e la solitudine aumentano. Di fronte a tutto questo ci si sente piccoli. Mala debolezza non è un limite. Anzi, dobbiamo essere più amici dei deboli. Forse la Chiesa ha perso di vista i suoi reali obiettivi proprio quando ha voluto essere grande».
In concreto,com'è possibilefornire risposte ai deboli?
«Ci si può affidare anche a mezzi poveri che in realtà possono fare tanto, non sono brutti ma utili. Penso ai rapporti umani, alla fedeltà, alla carità, ad una stretta di mano. Questi sono i valori espressi cinquant'anni fa dal Concilio Vaticano 1f e rilanciati dai Pontefici, da Giovanni Paolo Il e Benedetto XVI».
Napoli e l'Italia possono sperare nelriscatto?
«La risposta sta nell'umanesimo cristiano, nel porre al centro i bisogni dell'essere umano, e questo ci consente di sperare in un futuro migliore. In questo senso è necessario garantire una sempre maggiore integrazione tra stranieri e italiani: i primi sono chiamati a rispettare la nostra cultura e le nostre regole, ma noi dobbiamo impegnarci per offrire gli stessi diritti agli immigrati. Così sarà possibile rendere migliore il futuro di tutti».