Fonte: Avvenire
Intervista ad Andrea Riccardi sul libro “La Chiesa brucia. Crisi e futuro del cristianesimo”
I numeri e le ragioni di un declino sempre più grave. L’emergere di una progressiva irrilevanza. Il rischio di limitarsi a una sterile gestione. Un pontificato, quello di papa Francesco, ancora poco compreso. Ma anche l’idea di un cristianesimo chiamato a essere realtà del nostro futuro. L’invito a sostenere la creatività, il “nuovo” che cerca di trovare spazio. Nel suo ultimo saggio: “La Chiesa brucia. Crisi e futuro del cristianesimo” (pagine 256, 20 euro) in uscita oggi per gli Editori Laterza, lo storico Andrea Riccardi propone un’articolata e ricchissima riflessione su una trasformazione religiosa che chiama le comunità credenti a una condizione “agonica”, di lotta, in primis contro l’indifferenza e l’irrilevanza. E significativamente, nella sua analisi, il fondatore della Comunità di Sant’Egidio prende la mosse da una vicenda drammatica ed evocativa come l’incendio della Cattedrale parigina di Notre Dame nella notte tra il 15 e il 16 aprile 2019. «È stato un fatto enorme, simbolico – osserva -, che ha spinto credenti e non credenti ad andare al di là dell’evento, a chiedersi cosa sarebbe la Francia, cosa sarebbe l’Europa senza la Chiesa. Poi l’attenzione si è spostata sul Covid-19 ma la domanda resta, perché la Cattedrale che brucia indica una crisi del cristianesimo. E non una crisi come tante, ma una malattia, in cui il corpo ecclesiale mostra parametri vitali vicini alla fine. Tanto che alcuni in Francia hanno parlato di “crisi terminale”. E se i transalpini piangono, con una pratica domenicale tra il 3 e il 5% e ordinazioni in costante calo, l’Italia e la Spagna non ridono mentre la Chiesa tedesca si trova in un’impasse molto complicata. Nel libro ripropongo un’antica domanda formulata negli anni 70 dallo storico del cristianesimo Jean Delumeau, in un suo libretto: “Il cristianesimo sta per morire?”. Se lo chiedeva però in anni di effervescenza, di dibattiti, in una Chiesa folta, di gruppi, di discussioni. Oggi possiamo dire che effettivamente il cristianesimo in alcune regioni del mondo può morire. Del resto è avvenuto nella storia di terre come il Nord Africa.
Sta accadendo la stessa cosa in Europa?
Dobbiamo rifletterci seriamente. Anche perché dopo più di mezzo secolo di scelta per l’evangelizzazione, che andava nella scia del Concilio, tanti parametri di vitalità del cristianesimo si sono deteriorati. Come spiegare il declino? C’è chi pensa che il cristianesimo si ridurrà a una Chiesa di minoranza, molto limitata ad alcuni ambiti ristretti. Una scelta “minoritaria” che qualcuno spiega con Benedetto XVI.
Il Papa emerito parlava di minoranze creative.
Che però sono un’altra cosa rispetto alle minoranze frutto di un declino, ai resti, ai residui.
Esistono anche altre risposte.
C’è il processo avviato da papa Francesco nel segno di un cristianesimo di popolo. Ma si fa fatica oggi a guardare a fondo la crisi, trascurando fenomeni che testimoniano come il nostro non sia un tempo non religioso, ma al contrario possa esserlo anche molto. Penso al molto attrattivo neo protestantesimo carismatico o della prosperità, quello che noi chiamiamo delle sétte, che cresce soprattutto in Africa, in America Latina e del Nord ma anche in Europa.
Il cristianesimo in Europa ha prodotto il partito cattolico, la democrazia cristiana?
Oggi in realtà l’unica forma politica di cattolicesimo in campo sembra essere quella del nazional cattolicesimo, di Ungheria e Polonia, in cui la Chiesa fa da supporto all`identità nazionale, quasi si ripara da una spinta universalistica. E qui pesa il grande tema dell’immigrazione. Insomma una crisi esiste e non viene dall’esterno: da una politica di laicizzazione o dal comunismo, ma è interna al cristianesimo. Abbiamo parlato tanto di secolarizzazione ma si è studiato poco il problema di come il mondo globale incide sulla Chiesa.
Quella odierna è una condizione che viene da lontano.
Nel libro provo a esaminarne alcuni elementi. Per esempio la profonda crisi dei religiosi e delle religiose, che erano la prima fila del cattolicesimo. E le difficoltà dei preti che riguarda anche il loro reclutamento su cui influisce anche la crisi del maschio. A partire dal ’68 l’uomo in Europa, è passato da una condizione dominante alla messa in discussione della sua figura: così avviene per il sacerdote, il maestro, il padre. Poi la scomparsa del mondo rurale, che era un baluardo della Chiesa e un serbatoio di vocazioni. E infine ci si deve domandare cosa significa una comunità dove il sacerdote celebra solo saltuariamente l’Eucaristia. Parametri vitali saltati in maniera impressionante.
Si tratta di andare alla radice di questi problemi.
Nel volume mi pongo tante domande, ad esempio sul pontificato di Giovanni Paolo II: è stato un’eccezione alla crisi, un’illusione? Mi chiedo quale significato abbiano avuto le dimissioni di Benedetto XVI e se in qualche misura siano state espressione di questa crisi. E ancora: papa Francesco ha creato un’inversione di questo movimento di declino?
E poi la pandemia.
La grande crisi del Covid ha acuito e rivelato la fatica della Chiesa. La tentazione è quella di gestire le istituzioni senza avere una visione. Al Convegno di Firenze il Papa parlò di percorso sinodale e per anni non si è fatto quasi nulla su questo. È drammatico come non si riesca ad affrontare la crisi.
Lei evidenzia il rischio che ci si concentri sul presente difendendo le posizioni che ancora si mantengono. Occorre invece suscitare e liberare energie costruttive. Ma come possono nascere realtà rinnovate da un clero invecchiato e da strutture che appaiono sempre più pesanti?
È una grande questione. Si tratta di guardare la realtà e di decidere come orientarsi. C’è per esempio il discorso della presenza femminile. Non basta collocare donne in qualche posizione di responsabilità. Nelle nostre Chiese, la parrocchia si regge in larga parte su di loro ma ancora all’interno di una struttura verticale maschile, pur se fortemente indebolita. Il clero è diminuito e invecchiato. La questione della trasformazione della Chiesa in una vera comunità di uomini e donne appare tutta da esplorare e così il tema della parrocchia, ancora in larga parte legata all’idea della territorialità. E bisogna chiedersi cosa significhi l’arrivo in Italia di milioni di stranieri, cattolici e no. Sullo sfondo, la scoperta della nostra società.
Cosa intende?
Quand’ero giovane eravamo in una società in parte anticlericale e per tanti aspetti anti cristiana. Oggi non possiamo dire che la posizione delle donne e degli uomini del nostro tempo, anche se non credono e non partecipano, sia di opposizione alla Chiesa. Io ho utilizzato l’espressione “perché non possiamo non dirci cristiani” di Benedetto Croce che non aveva nessuna intenzione di convertirsi al cattolicesimo ma lo apprezzava in una prospettiva anche europea di lungo periodo. Si tratta di riaprire il dialogo con migliaia di posizioni diverse, che non sono ostili alla Chiesa ma certo non si trovano sulla sua soglia. Viviamo in un tempo strano: da un lato la Chiesa è in declino, dall’altro esiste uno spazio, un interesse per il senso della vita e per il cristianesimo. E dall’altro ancora c’è un risorgere dell’entusiasmo religioso, per esempio nei movimenti neo protestanti. Ci troviamo in una condizione di Chiesa irrilevante e di un pontificato di papa Francesco che in parte non è recepito. Non si tratta di organizzare iniziative, che qualche volte servono solo a coprire l’irrilevanza ma di farsi delle domande. Solo interrogandoci ci liberiamo dal pessimismo e possiamo intravedere la via del futuro. Io alla fine infatti parlo di ingrigimento ma anche di un’aurora. E concludo con una bellissima poesia di Turoldo che invoca: “restituiscimi all’infanzia Signore”.
A tal proposito lei sottolinea come il cristianesimo più che un’istituzione da conservare debba essere una realtà del nostro futuro.
Se si tenta di rabberciare il presente, si è solo trascinati nelle nostalgie del passato. Quello che viviamo penso sia un passaggio molto importante ma anche delicato, che ci chiede una liberazione dal tran tran dell’oggi e di guardare oltre.