Sono passati due anni da quando Paolo Dall’Oglio è stato rapito a Raqqa, in Siria. Ma non abbiamo rinunciato a sperare. È un periodo terribile per luí, come per chi gli vuol bene. Penso alla sua famiglia, forte e dignitosa. Chi ha rapito Paolo istintivamente ha respinto quello che rappresenta: uno straniero immedesimatosi nel destino della Siria, un cristiano convinto del dialogo con l’islam, un democratico ostile alla dittatura e al fondamentalismo, uno spirituale che credeva all’amicizia, un uomo audace e libero…
Dall’Oglio ha trovato la sua patria nel Medio Oriente arabo. Ha fondato in Siria un monastero incardinato nella tradizione cristiana siriaca. Per anni si è dedicato al dialogo. Ama citare il proverbio arabo: “Una mano sola non applaude”. Non ci possono essere pace e gioia senza che la “mano” dell’islam s’incroci con quella del cristianesimo. Sembrano sogni e speranze remote nella Siria di oggi.
Ricordare Dall’Oglio vuol dire parlare della Siria, ridotta a una condizione impossibile dalla guerra tra il regime di Assad (appoggiato dagli iraniani e dagli hezbollah libanesi) e le milizie ribelli. Nel mondo dell’opposizione c’è
l’Isis, che esercita un forte controllo territoriale e combatte gli altri gruppi. E poi ci sono i curdi. Spesso è la guerra di tutti contro tutti, su cui si proiettano interessi internazionali: quelli della Turchia, dei Paesi del Golfo, dell’Arabia Saudita. Intanto i siriani, intrappolati in una guerra senza fine, fuggono dove possono. Oppure vivono sotto le bombe.
Ci si chiede quale futuro avranno i cristiani nel Paese. Parlare di Dall’Oglio significa anche ricordare i vescovi di Aleppo, Mar Gregorìos Ibrahim (siriaco) e Paul Yazigi (greco-ortodosso) scomparsi da più di due anni. Due sostenitori della convivenza tra cristiani e musulmani. Due figure significative delle sfumature del sentire cristiano del Paese.
Quale futuro? La liberazione dei rapiti. Ma, per rispetto alla loro testimonianza, chiediamo che la questione siriana sia messa all’ordine del giorno dalla comunità internazionale con determinazione e inventiva. Non si può più attendere. Anche i Paesi muoiono. Con pazienza e forza, bisogna sottrarre parti della Siria alla guerra, esigere trasparenza dagli oscuri giochi internazionali, imporre la priorità della pace. Altrimenti la Siria morirà, ma anche il Mediterraneo sarà travolto.