Fonte: Famiglia Cristiana
Non dimentichiamo i drammi del mondo. Ma ci sono anche buone notizie, come la liberazione di Tacchetto.
In tempo di coronavirus siamo concentrati sulla sua diffusione. Molto spazio sui giornali e in televisione è occupato dalle notizie riguardo questa vicenda. Poi, seguendo giustamente le indicazioni date, stiamo il più possibile a casa, tanto che c’è un grande silenzio nelle città. Il nostro orizzonte si è ristretto.
Eppure, in questa Quaresima di quarantena, bisogna aguzzare i sensi e guardare più in là. Fuori dalla porta: quasi sempre siamo inseriti in un palazzo o in un vicinato. Ci sono persone sole che hanno bisogno di aiuto: la spesa, i farmaci e tanto altro. Il telefono e i social raggiungono chi è solo. La Quaresima di quarantena, un tempo di autoresponsabilità, non può essere però l’occasione per pensare solo a sé stessi o alla pandemia. Fuori dalla finestra c’è un mondo grande che vive, soffre, cerca, gioisce.
Proviamo a metterci alla finestra del mondo. Le guerre in corso restano aperte. Sono nove anni (dal marzo 2011) che si combatte in Siria. Abbiamo seguito i rifugiati intrappolati a Idlib nel Nord-Est del Paese. E la Libia è nel caos: sono prigionieri tanti migranti. Non abituarsi al dolore di tanti vuol dire informarsi di più: seguire i cambiamenti nella situazione, partecipare alle novità. E poi c’è Lesbo con i suoi 20 mila rifugiati su 90 mila greci. Mi viene da pensare all’altra parte del mondo, in Messico, a Tapachula, una città di 180 mila abitanti ai confini del Guatemala, dove sono raccolti circa 10 mila migranti, alcuni provenienti anche dall’Africa o da Haiti. In queste ore penso pure al Mozambico, un Paese africano che mi è caro, dove un anno fa il ciclone Idai ha distrutto la bella città di Beira e non si è ricostruito quasi niente. E nel Nord del Paese, è comparso un misterioso movimento islamista che fa razzie nei villaggi.
«Noi che possiamo farci?», viene da dire. Proprio ora, niente! Invece possiamo tenere sveglia la nostra attenzione, parlarne, informarci. E poi pregare.