Fonte: Corriere della Sera
Questa è una Settimana Santa di passione per i cristiani. Gli studenti kenioti, uccisi perché cristiani, si affiancano ai fedeli pachistani assassinati in chiesa due settimane fa, mentre pregavano di domenica. A migliaia di chilometri, si rivela un`impressionante continuità nell`odio di chi ha l`unica colpa di portare il «nome cristiano». Sono cittadini di Paesi differenti, hanno storie diverse o partecipano a varie confessioni (cattolici, ortodossi, protestanti e neoprotestanti). Ma tutti uccisi, solo perché cristiani, da una violenza vigliacca contro gente disarmata.
Cristiani spesso uccisi barbaramente per manifestare il proprio terrificante potere, come i copti decapitati sulle rive del Mare Mediterraneo. Uccisi o rapiti, come in Nigeria da Boko Haram. È una Via Crucis impressionante di un intero popolo di donne, bambini, uomini, giovani e anziani. Richiama quella del Venerdì Santo nelle chiese cattoliche. Papa Francesco l`ha guidata ieri al Colosseo, luogo degli antichi martiri, ed ha ricordato il martirio dei cristiani di oggi. Il martirio non è archeologia, ma attualità. La Via Crucis dei martiri ha una statio drammatica in Medio Oriente. Qui fu la culla del cristianesimo nascente. Restano antiche chiese, come a Malula in Siria (dove si parla ancora aramaico, la lingua di Gesù); si prega con millenarie liturgie cantate per secoli. Sono comunità che oggi stanno scomparendo, esiliate e colpite. Almeno in Siria e in Iraq. Questa violenza crudele e senza senso interroga i cristiani in questa Pasqua 2015, in cui risalta la somiglianza tra l`ingiusta condanna a morte del Maestro e la persecuzione dei suoi discepoli di oggi: tra il crocifisso e un`umanità crocifissa. Cominciò a notarlo Giovanni Paolo II, generando stupore nel mondo occidentale che pensava il cristianesimo in modo trionfante. C`è stato, specie dopo l`11 settembre 2001, il tentativo di recuperare i martiri cristiani come bandiera contro l`islam, per ridare identità a una civiltà che, per esistere, ha bisogno di identificare i nemici. I martiri cristiani non possono essere utilizzati per fondare battaglie o magari il nostro vittimismo. Non sono una bandiera di civiltà. Sono radicalmente diversi da quelli islamici: non si tolgono la vita per uccidere altri, soprattutto non odiano. La loro morte, per questo, pone domande forti: non solo a chi appartiene alla Chiesa, ma agli europei familiari con il cristianesimo, a chi è cristiano a modo proprio, e un po` a tutti. Qual è la fede di questa gente che muore per continuare a essere credente? E poi che fare per loro? Quest`ultima è una questione da non eludere in tutte le sedi internazionali. Recentemente ne ha discusso per la prima volta il consiglio di sicurezza dell`Onu. Ma come intervenire nella complessa situazione della Nigeria o del Kenya, se non chiedendo ai governi di garantire la sicurezza a tutti i cittadini? Questa Pasqua di persecuzione non lascia indifferenti tanti europei, nonostante la distrazione del mondo del benessere. C`è qualcosa che colpisce in profondità, facendo riscoprire un volto diverso del cristianesimo e dei cristiani rispetto a come li si raffigurava. Non è solo la reazione, per cui, quando i cristiani sono perseguitati, ci sentiamo un po` tutti «cristiani»: un`identificazione profonda verso chi subisce una grave ingiustizia. C`è soprattutto una riscoperta del volto umile del cristianesimo in questi perseguitati, che abitano paesi del Sud del mondo. Colpisce la loro forza spirituale, espressa nella perseveranza nel frequentare di Domenica le chiese, nonostante le minacce, come avviene in Nigeria o in Pakistan. Forse le immagini dei perseguitati, nel nostro orizzonte, si accompagnano anche alle parole di papa Francesco, che mostra un cristianesimo spoglio e attraente, senza mettere in prima linea divieti e contrapposizioni. Così, più che attraverso espressioni allisonanti, si sta determinando — è una mia impressione – una rinnovata considerazione, con più attenzione e rispetto, della realtà del cristianesimo, Insomma un`altra immagine della realtà cristiana che oggi parla una lingua antica e rinnovata.