Fonte: Famiglia Cristiana
Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana
Il Pakistan è un grande Paese musulmano, nato dalla drammatica partizione dall’India nel 1947, che ha accolto tanti musulmani provenienti da quella che è ora la Repubblica indiana. Un Paese complesso e tumultuoso, anche per la sua posizione geopolitica, vicino all’Afghanistan e con un conflitto aperto con l’India per il Kashmir.
Il Pakistan si fonda storicamente e istituzionalmente sull’Islam. È un Paese con varie minoranze, circa il 3,6% della popolazione. La sua bandiera ha un significato particolare: il verde, la mezzaluna e la stella rappresentano l’islam, il bianco le minoranze religiose. Questa è la visione del fondatore del Paese, Mohammed Ali Jinnah, morto nel 1948, poco dopo la fondazione del Pakistan. Anche colui che ne è considerato il padre spirituale (morto prima della sua fondazione, nel 1938), il poeta e letterato Muhammed Iqbal, aveva una visione impostata sulla convivenza tra musulmani sunniti e le altre minoranze musulmane e non musulmane.
Purtroppo la storia per le minoranze religiose non è stata facile nel Pakistan indipendente. Non lo è stata per i cristiani, che non arrivano a tre milioni, i quali hanno subìto numerosi attentati e violenze. Abbiamo seguito con molta attenzione queste vicende su Famiglia Cristiana, come in quella Pasqua del 2015 quando i cristiani in festa nel parco di Lahore furono colpiti dal terrorismo islamista. Gli attacchi si sono ripetuti, colpendo gente povera e indifesa.
Perché in Pakistan spesso i cristiani, che abitano talvolta in periferie emarginate, sono poveri, provenienti da gruppi sociali marginali, veri paria, su cui si sente il peso dell’intimidazione. Un popolo povero ma coraggioso, che aveva trovato il suo difensore in Shahbaz Bhatti, un cattolico che era stato nominato ministro delle Minoranze.
I cristiani sono l’1,5% dei pakistani, di cui i cattolici sono oltre un milione. Meno dell’1% della popolazione è indù. Ci sono poi altri gruppi, come i sikh, gli zoroastriani, i buddisti e gli ahmadiyya.
Ho conosciuto Bhatti a Roma: era un uomo di fede profonda, ma anche di forte determinazione. Aveva deciso di dedicare la sua vita ai cristiani e ai poveri.
Bhatti non era un uomo di partito, ma alla fine accettò di assumere un incarico politico per aiutare le minoranze a vivere in un Pakistan che sentiva come la sua nazione. Nei tre anni in cui fu ministro (dal 2008 al 2011) rivelò grande tenacia e capacità politica. Voleva strappare le minoranze dalla pressione sociale e dall’intimidazione.
Infatti povertà e discriminazione rendono i cristiani pakistani ancora più deboli nella società. Ottenne l’obbligo per gli uffici pubblici di assumere almeno il 5% del proprio personale tra le minoranze religiose. Si batté per l’istituzione della Festa delle minoranze, l’11 agosto, anniversario del “Discorso alla nazione pakistana” con il quale, nel 1947, Alì Jinnah proclamò che tutti i cittadini, di qualunque religione, avevano pari diritti.
Bhatti fu ucciso da un gruppo terroristico a Islamabad il 2 marzo 2011, mentre lasciava la casa di sua madre senza scorta. Pochi mesi prima era stato assassinato anche il governatore Salman Taseer: un “giusto” musulmano che aveva chiesto non solo la grazia per Asia Bibi, condannata ingiustamente per blasfemia, ma anche che fosse abolita la legge che prevedeva questo reato. Il dialogo tra cristiani e musulmani aveva fatto emergere, seppure in un clima difficile, varie personalità di musulmani dialoganti e amici dei cristiani.