Fonte: Famiglia Cristiana
La sua era una fede incarnata nella storia: ha portato la sua carica ideale nel giornalismo e nelle istituzioni. L’editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana
La morte di David Maria Sassoli ha suscitato un dolore largo e condiviso in Italia. Molti si sono chiesti perché nel nostro Paese non ci siano quasi più politici cattolici. Ricordare Sassoli è un omaggio a lui, così sensibile all’Europa, alla causa dei migranti, ma anche ai problemi nazionali (Mario Monti ha scritto che, senza di lui, non ci sarebbe stata l’approvazione europea del Piano di ripresa e resilienza).
Ricordare la storia di Sassoli testimonia come “nasce” un politico cristiano, non confessionale, perché David era laico nel senso profondo della parola: aperto alla storia e disponibile agli altri di diverso sentire. Ho conosciuto David da giovane, aveva qualche anno meno di me. Ha studiato al mio stesso liceo di Roma, il Virgilio. Conoscevo il suo ambiente e la famiglia. Suo padre, Domenico, pure giornalista, era cresciuto nella Firenze di La Pira, legato a don Milani, amico di padre Turoldo, «poeta, profeta, disturbatore delle coscienze… amico di tutti gli uomini», come diceva il cardinale Martini. Figure che trasmettevano un’inquietudine evangelica e il gusto dell’impegno. Il sindaco La Pira, amico della “povera gente”; impegnato nel dialogo e per la pace, mostrava come la politica, anche in un Comune, potesse fare cose grandi.
Da giovane, Sassoli aveva frequentato un gruppo vivace e intelligente attorno a Paolo Giuntella: letture dei grandi del cattolicesimo e di spiriti inquieti, incontri con personalità come Bachelet e Moro. Era il clima degli anni Settanta, dopo il Concilio, quando il popolo di Dio si incontrava in comunità, gruppi spontanei, nati dalla voglia di vivere e lavorare insieme. Aveva 18 anni, quando – per scelta del vicario Poletti – si tenne il grande convegno sui mali di Roma e le sue periferie, in cui parlava chi voleva, sentendosi a casa nella Chiesa.
David conobbe la Roma dei poveri. Si sentiva in lui la lezione di Pietro Scoppola, che spingeva a immergersi nella storia contemporanea e a vivere la fede nella storia. Potrei aggiungere tanti particolari, perché la mia storia si è svolta vicino al mondo di David.
Vorrei dire che lui, come uomo, politico, cristiano, padre e marito, viene dal grembo della Chiesa di popolo, viva, libera e impegnata, figlia del Concilio. Non da corsi di formazione politica. Non da un cristianesimo clericale e un po’ asfittico in cui non si discute e si pensa poco. David è figlio di quella corrente vitale che, tra sogni e dibattiti, l’ha plasmato. È stato un uomo simpatico, non un cattolico noioso: la sua simpatia è figlia di un atteggiamento conciliare verso le persone e il mondo. Simpatico, ma esigente e lavoratore, ha portato la sua carica ideale nel giornalismo e in politica.
L’apprezzamento di personalità varie del mondo europeo mostra come la simpatia, la concretezza e le idealità di Sassoli avessero toccato molti. Insegnava Scoppola: «Dobbiamo accettare di vivere un poco a cielo aperto, sotto le stelle». Questo piaceva a David, che era stato scout e amava il rischio di andare lontano. Il suo non era un cristianesimo “parcheggiato”, come dice Francesco. Aveva ricevuto una bussola fin dagli anni della sua giovinezza e andava avanti.
Sì, David Sassoli è stato un politico cristiano, non nato in un laboratorio, ma cresciuto nella storia, animato da un soffio che non si improvvisa. Forse oggi il nostro cristianesimo è un po’ smorto e non genera uomini e donne così. Ma tutto può cambiare!