Fonte: Famiglia Cristiana
Sapeva ascoltare. Non si chiuse in Vaticano: la sua Chiesa voleva essere anima e compagna dei popoli.
Giovanni Paolo II è morto il 2 aprile 2005. Quindici anni fa. È passato tanto tempo e il mondo è cambiato. Era figlio di una terra lontana: nato in Polonia nel 1920, dopo la Prima guerra mondiale aveva vissuto l’orrore della Seconda e della Shoah, era stato testimone della persecuzione comunista. Eppure il suo ricordo e le sue immagini comunicano ancora oggi una forza viva. Non sanno di passato.
Quando l’ho accostato personalmente, ho avuto sempre l’impressione di un uomo abitato da forza e fede. Nella preghiera si raccoglieva tutto in Dio in modo stupefacente. Era uno spirituale, ma nell’incontro era simpatico, umano, attento alle persone, interessato a tutti gli aspetti, anche i più laici o personali. Nonostante fosse il Papa, era un amico, fedele verso i nuovi e gli antichi amici. Sul trono di Pietro, nel 1978, si sedette un grande credente e una persona dall’umanità profonda.
Quello che mi colpiva, tra tanti aspetti della sua personalità, era il modo di ascoltare. Parlava poco, domandava e ascoltava con interesse. Aveva sempre da imparare, anche da chi era giovane. Amava le discussioni tra gente di opinione o esperienza diversa, che talvolta riuniva. Non stava mai solo: ai pasti aveva sempre ospiti di ogni tipo e poi tanti incontri. Aveva una memoria formidabile. Sentiva come cuore della sua missione (era anche la sua passione) l’incontro con la gente. Amare il mondo voleva dire conoscere i popoli e le persone. Non si chiuse in Vaticano. Fece il vescovo di Roma e visitò tantissime parrocchie. Il suo fu un papato itinerante. Pochi mesi prima di morire, bloccato dalla malattia, andò in Svizzera e a Lourdes.
È stato un grande leader: lottava a mani nude con la forza della fede e della parola. Sapeva che la più grande schiavitù è dentro di noi: la paura, il conformismo, la rassegnazione. Lo aveva visto, nel 1979, nel primo viaggio in una Polonia avvilita. Lo constatava in un Occidente conformista. Era però convinto che quando un uomo o una donna o un popolo si liberano da questa “schiavitù” hanno una grande forza per cambiare il mondo. La sua Chiesa, senza ambizione al predominio (come talvolta gli fu rimproverato), voleva essere l’anima e la compagna dei popoli e degli uomini sulla via della liberazione, perché non perdesse la speranza.