11/03/2018 Visita di Papa Francesco a Sant’Egidio. Andrea Riccardi: ”Vivere insieme tra popoli, nelle periferie e in città, è una rivoluzione possibile, se partiamo dal cuore e dal Vangelo”

Padre Santo,
grazie della sua presenza tra di noi. Per i cinquant’anni della Comunità –come lei sa- abbiamo preferito non guardare indietro in modo celebrativo o per goderci qualche successo, ma guardare avanti. Non si tratta di fare progetti che la storia sconvolge puntualmente. Bensì di vedere chi ci viene incontro, chi ha bisogno di aiuto oggi, quali le domande aperte. Insomma da che parte vengono la vita e la storia.
Il tempo è cambiato dal ’68 e dalle nostre origini. Interi mondi sono scomparsi, come i regimi dell’Est e le forze dell’utopia rivoluzionaria; i nuovi mondi del Sud hanno perso la speranza di essere nuovi e hanno conosciuto la guerra. Tutto si è globalizzato divenendo un grande mercato. Sembra però che poco sia cambiato nei poteri che reggono la storia, come il denaro, che lei ha varie volte ricordato. E’ impossibile cambiare il mondo oggi?
Si dice che il tempo globale è troppo complicato. Bisogna prima di tutto sopravvivere: difendersi, dagli altri, dai poveri. E’ la logica del pensare a sé: va dall’egocentrismo personale all’egoismo nazionale. Ogni paese deve chiudersi e salvarsi dalla marea del mondo.
Ci si sente vittime e si ha paura. Siamo in un’età della rabbia ovunque: contro gli altri, i diversi, i poveri, i presunti nemici. Età dolorosa, dove ci sono violenze e guerre senza fine: in Siria o in Sud Sudan. E la violenza è accovacciata alla porta di ogni società. La tentazione è il pessimismo che favorisce chiusure o pigrizie. Ma come possono essere pessimisti gli amici di colui che è risorto?
Sant’Agostino afferma: “E voi dite. Sono tempi difficili… Vivete bene e, con la vita buona, cambiate i tempi: cambiate i tempi e non avrete di che lamentarvi!” (Sermo 311,8). Noi conserviamo dal ’68 e dintorni la convinzione che tutto può cambiare e che dipende anche da noi. Il Concilio ci ha offerto la Parola di Dio, che illumina i cuori, le menti, la strada, mentre accresce la fede. Anche quando è buio. Si può andare avanti anche nel buio!
Questo ci libera dall’ossequio che rende piccoli e spaventati, avari, clericali, conservatori. Insegnava Giuditta, la donna che con la sua bellezza fiaccò l’arrogante: “chi teme il Signore è sempre grande” (16,16). Grande: è accettare la sfida di fare il mondo migliore. A mani nude e con la parola: gli strumenti del Vangelo e sono i migliori: “Allora i miei poveri alzarono il grido di guerra –dice Giuditta-…, i miei deboli alzarono il grido e quelli furono sconvolti” (ivi,11). E’ la forza degli umili e dei poveri.
Vorrei dire che –non per farle un complimento ma per dire la realtà-, da quando con l’Evangelii Gaudium, lei ha proposto di uscire per strada, fuori dall’istituzione, dalle sacrestie, dai piani pastorali, dall’autoreferenzialità, dall’egocentrismo, dalla nostra purezza, un popolo grande s’è messo in cammino. Si vede tanta gente che ha voglia di fare il bene, ci sono risorse e energie, non solo rabbia ma molto amore. E questo dà speranza e gioia.
In questa prospettiva, Sant’Egidio non si sente una comunità di perfetti (come potremmo?), ma una comunità di popolo, magari piccola ma senza confini, perché coinvolta dai dolori vicini e dai lontani. La rabbia e l’egocentrismo si guariscono, se andiamo incontro con simpatia, rendiamo ragione della speranza e aiutiamo a incontrare i poveri, che sono veri maestri di verità della vita. Questa è la gioia del Vangelo che proviamo.
L’età della rabbia può diventare età della fraternità e dello spirito. Lei ci disse ad Assisi nel 2016: “crediamo e speriamo in un mondo fraterno”. Sogno semplice ma decisivo. Aggiunse: “Il nostro futuro è vivere insieme. Per questo siamo chiamati a liberarci dai pesanti fardelli della diffidenza, dei fondamentalismi e dell’odio”. Non è un programma impossibile: è anzi una richiesta che viene dal gemito dei poveri, dei popoli e della terra. La nostra preghiera si sintonizza con questi gemiti, qui in questa basilica e in ogni luogo dove siamo.
Vivere insieme per un mondo fraterno, tra popoli, nelle periferie e in città, è una rivoluzione possibile, se partiamo dal cuore e dal Vangelo. Diceva l’amico Olivier Clément, teologo ortodosso: “le uniche rivoluzioni creatrici della storia sono nate dalla trasformazione dei cuori”. La Chiesa, madre di speranza, ci sostiene. E lei pure, Padre Santo, con la sua parola da cinque anni. Cristo, che dall’alto del mosaico ci guarda con occhi teneri e cinge sua Madre in un abbraccio, rende possibile questo. Grazie!