Fonte: Famiglia Cristiana
A Roma sono stati respinti dalla gente tre pullman con 150 profughi tunisini (che sarebbero rimasti un giorno). Scaricati sotto la pioggia e mandati altrove. Spettacoli del genere si sono visti in altre località italiane. Le autorità cittadine hanno gridato che Roma non ce la fa più. Troppa gente in difficoltà! È avvenuto mentre Roma si prepara alla beatificazione di Giovanni Paolo II. Per lui, Roma era un messaggio: "Amor".
Che avrebbe detto papa Wojtyla di fronte a questo fatto doloroso? Una volta, dopo un atto di violenza contro uno straniero, dichiarò: «La coscienza media è quasi in pericolo… si vanno perdendo i valori e i limiti della stessa coscienza». Sono parole che parlano al presente. Correva il 1979 e Roma era una città con più poveri e immigrati di adesso, ma con più umanità. Nessuno si lamentava.
Oggi — si dice — la gente ha paura. I continui allarmi delle autorità alimentano l'insicurezza della gente: così cresce un vittimismo rabbioso, quasi i profughi siano all'origine dei nostri problemi. Si fa intendere che questi si risolvono in termini di sicurezza locale. Con i muscoli. Ma la prima questione è la disoccupazione dei giovani. C'è bisogno di speranza nel futuro. Invece cresce la cultura della difesa dell'angolo locale. Si è visto l'indegno scaricabarile tra Regioni e Comuni sugli spazi per i profughi. Questo è il federalismo? Non mi pare, ma solo un egoismo locale miope. È un vero imbroglio far credere alla gente che si possa andare incontro ai grandi appuntamenti di un mondo globalizzato con la difesa della propria regione. Un Paese parcellizzato sarà sopraffatto.
Per vivere le grandi sfide, bisogna essere presenti nel mondo. I Paesi arabi, se aiutati a trovare la via della democrazia, produrranno meno immigrati. Dall'Egitto del recente vento di libertà non ne sono venuti più, come non accade dall'Albania. Ci vogliono pazienza e impegno. Ci vuole una politica nazionale, non gli egoismi comunali, che non garantiscono i veri interessi del Paese. Ma soprattutto l'Italia ha bisogno di dignità. Ritorno a Giovanni Paolo II. Non è abusivo mischiare il suo nome a questa cronaca dolorosa. Diceva nell'occasione sopra citata: «lo penso che una manifestazione di indignazione morale parla agli altri. È la stessa cosa della parabola del Buon Samaritano. Questo è un problema di risveglio della coscienza umana, della coscienza anche in senso più largo, della coscienza sociale». Questo Papa polacco ha amato l'Italia e ne ha difeso l'unità di destino. Era convinto che senza una coscienza sociale non c'è una comunità nazionale. Si apre invece la via all'imbarbarimento che rischia di travolgerci nel vivere quotidiano. La memoria di Giovanni Paolo II, accanto alla proclamazione del Vangelo pasquale, ricorda cosa vuol dire essere "uomini umani".
Del resto, senza umanità, non ci sarà più Italia e non ci saranno più italiani.