Fonte: Corriere della Sera
Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, trasformeranno le loro lance in falci. Quanto è lontano il mondo, dalla visione del profeta Isaia. Vecchie e nuove violenze lo percuotono. Visibili, clamorose; o nascoste, diffuse. Violenze di adulti e di ragazzi, di ricchi e di poveri. Subite da vittime disperate. Guardate dagli altri a distanza, col corpo e col cuore; con la rassegnazione di chi non può credere altro, di chi non può fare altro. In un mondo assuefatto alla discordia, risuona scandalosa la parola di Gesù: «Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio». Oggi come duemila anni fa non c'è uomo che possa restare tranquillo davanti alla promessa del Cristo. Lo storico Andrea Riccardi e il sociologo Franco Cassano le dedicano un libro (Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio, Edizioni Lindau) della serie che l'editore torinese dedica alle beatitudini. Le parole che l'evangelista Matteo fa pronunciare a Gesù dall'alto di una montagna mettono chi ascolta in equilibrio tra terra e cielo. Chi non si arrende alla violenza, alla sofferenza inflitta all'uomo dall'uomo, chi «è in attrito col mondo», scrive il sociologo, «non lo è invano, perché sarà ricompensato».
Dio ricompensa in cielo, ancora secondo Cassano, perché «non usa la sofferenza come una punizione ma, al contrario, come una condizione privilegiata di accesso a lui». Questa promessa, per chi ci crede, ha un effetto immediato e straordinario nella vita terrena. Il «gioco di rimbalzo della trascendenza », spiega Franco Cassano, trasforma la ricompensa futura in «una forza spirituale addizionale» capace di cambiare l'esistenza. L'operatore di pace, aggiunge Andrea Riccardi, «sperimenta nella sua vita la verità della promessa di felicità del Signore». L'effetto sul credente è effetto sul mondo. L'impossibile diventa possibile. L'amore, prosegue lo storico, «orienta correnti profonde nella storia» .
E la particolarità di questa beatitudine: essa, chiarisce Cassano, implica la ricerca quaggiù di un risultato «impossibile senza la collaborazione degli altri uomini». Il cielo sì contamina con la terra. Deve negoziare con essa e assumerne le contraddizioni. È il compito di chi intende vincere non soltanto la violenza, ma anche l'ingiustizia; di chi dunque combatte tanto la guerra, quanto la pace ottenuta con la resa del più debole. Sta proprio qui la contraddizione prima: in un Gesù che rifiuta la spada per difendersi, ma non esita ad affermare, proprio nel Vangelo di Matteo, di esser «venuto a portare non pace, ma spada». Una pace giusta, nota Cassano, è infatti una pace che passa dal conflitto, «unica strada che mette in crisi la solitudine del dominatore». Più spesso, si segue la strada opposta, si reagisce alla violenza del mondo globale arrendendosi allo stato di fatto, rinchiudendosi. Andrea Riccardi descrive un popolo oppresso dal senso d'impotenza, dall'ansia di essere «irrilevante», da un realismo pessimista che insterilisce individui e gruppi. 11 fondatore della Comunità di Sant'Egidio vede la tentazione dí star «riparati nelle case o nelle istituzioni delle nostre comunità»; denuncia il ripiegamento di «cristiani e chiese che vivono in se stessi e per se stessi».
Si risponde al mondo violento con quelle che Cassano chiama «piccole paci», forme di solidarietà tra vicini uniti dalla paura dell'altro, dall'ostilità verso l'esterno. Si dimentica la parola di Gesù, ancora in Matteo: «Se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani?». In questo clima, si strattona Dio, lo si incatena ai propri interessi. Eppure, protesta Cassano,«Dio non fa vincere le partite e tanto meno le guerre: chi lo usa come avvocato di parte, lo tradisce perché gli ruba il ruolo di giudice». Bestemmia contro le beatitudini, chi trasforma Dio «in un'arma per la vittoria sugli altri». La promessa di Gesù, scrive Riccardi, è invece sostanza spirituale, preghiera che rende audaci, pace come servizio «sacro»; comunità chiamate a farsi «fraternità di uomini pacifici».
L'operatore di pace ha troppo bisogno d'abbracciare la diversità dell'uomo per idolatrare l'identità. Secondo Franco Cassano, chi riconosce la «pluralità delle vie», chi sa liberarsi della presunzione «di possedere una via privilegiata di comunicazione con il Signore», non approda allo scetticismo, né si converte alla fede altrui. Chi costruisce pace, scrive ancora il sociologo barese, lotta contro la «secessione di chi, enfatizzando la propria differenza e il proprio punto di vista, non riconosce l'esistenza di una natura comune a tutti gli esseri umani». Racconta Riccardi la parabola ebraica di un Dio in collera con gli angeli che vogliono unirsi ai cori dei figli di Sion mentre il Mar Rosso si richiude sugli egiziani: «Le mie creature stanno annegando e voi intonate un canto davanti a me?». È nella paternità divina la forza della beatitudine: in cielo, in terra, essere tutti suoi figli.