Fonte: Corriere della Sera
Oggi papa Francesco non è più una sorpresa, ma un interlocutore familiare per tutti. L`intervista al Corriere è uno sguardo globale sull`eccezionale normalità con cui ha guidato la Chiesa a un anno dall`elezione. Ha cambiato il clima nella Santa Sede e tutt'attorno.
L'Intervista di papa Francesco al Corriere è davvero uno sguardo globale su come ha governato la
Chiesa a un anno dall`elezione. Oggi Jorge Bergoglio non è più una sorpresa, ma un interlocutore familiare per tutti, cattolici e non. Il suo carisma non si è però consumato con una forte esposizione personale e mediatica? Il Papa dice con chiarezza nell`intervista al direttore Ferruccio de Bortoli che non vuole apparire un uomo straordinario: non gli piace «una certa mitologia di papa Francesco». Allude alla voce che uscirebbe la notte per aiutare i barboni: «Dipingere il Papa come una sorta di superman, una specie di star, mi pare offensivo». Afferma offensivo.
Eppure c`è una sete di straordinario che si proietta sul Papa, chiedendo ogni giorno qualcosa di nuovo. Ci si ricorda dell`elencazione dei «primati» di Papa Wojtyla, un uomo fuori dal comune.
Francesco resiste serenamente alle domande mediatiche. Non vuole essere superman in un tempo di culto (effimero) dei leader e di carenza di classi dirigenti: «Il Papa è un uomo che ride, piange, dorme tranquillo e ha i suoi amici. Una persona normale». Non sono solo espressioni di umiltà. È la chiave
di una storia: un uomo normale «sul trono di Pietro». Eppure ha tanto cambiato il clima della Chiesa e verso di essa in un mondo non sempre benevolo.
Un Papa tanto normale da parlare della sua elezione come «trasferimento di diocesi» («esaltazione al pontificato», si diceva invece nel vecchio linguaggio curiale). Lui non se lo aspettava ed è vero. Ha cominciato a lavorare con passione e serietà, partendo ogni giorno dalla preghiera, dalla Bibbia, dalle messe la mattina a Santa Marta.
Un uomo normale sul trono di Pietro, che prende sul serio i protagonisti della Chiesa: «Ho cominciato a governare cercando di mettere in pratica quello che era emerso nel dibattito tra cardinali».
Non ha un «progetto» riformatore, come papa Montini, formatosi in lunghi anni di Curia. Ma sbaglierebbe chi pensasse che Bergoglio non abbia convinzioni fondamentali e orientative, maturate in una megalopoli come Buenos Aires, investita in profondità dalla globalizzazione. Per esempio, quando parla di ecumenismo, ricorda il suo vissuto argentino, affermando che bisogna vivere prima di teorizzare: «Importante è che camminiamo insieme». Un`altra ferma convinzione tocca il tema caldo dei valori non negoziabili: «Non ho mai compreso l`espressione valori non negoziabili. I valori sono valori e basta, non posso dire che tra le dita di una mano ve ne sia una meno utile di un`altra». Infine una rivelazione nell`intervista: esiste uno scambio epistolare con il presidente cinese Xi Jinping. Possiamo stare certi che il Papa gesuita stia cercando strade nuove per un contatto con il «continente» cinese: «E un popolo grande al quale voglio bene».
Una rivoluzione a Roma? Se si tratta di una rivoluzione (come taluni lamentano), è quella di un uomo normale sul trono di Pietro. Egli sa, però, che bisogna coinvolgere le varie componenti della Chiesa. Ferruccio de Bortoli gli pone una questione circolante nel mondo vaticano: il Papa decide da solo senza condividere le scelte? Replica Francesco: «Sarebbe un uomo solo se decidesse senza sentire o facendo finta di non sentire. Però c`è un momento, quando si tratta di decidere, di mettere la firma, nel quale è solo con il suo senso di responsabilità». Parlare con gli altri e ascoltare (quanti sono ricevuti da lui!) non è rinunciare alla responsabilità. Paolo VI scriveva nel 1963, dopo l`elezione: «Io devo accen tuare questa solitudine: non devo aver paura, non devo cercare appoggio esteriore che mi esoneri dal mio dovere».
Francesco ha una visione meno drammatica di Montini: ama ascoltare, conversare, incontrare la gente. Ma sa decidere. E ha deciso anche di far discutere. Lo si è visto nel recente Concistoro, che non è stato unanime sulla relazione Kasper, «bellissima e profonda presentazione» secondo il Papa, ma non per tutti i cardinali. Francesco commenta: «Mi sarei preoccupato se nel Concistoro non vi fosse stata una discussione intensa, non sarebbe servito a nulla. I cardinali sapevano che potevano dire quello che volevano». Francesco non ha un modello da imporre, ma dà il via a processi di ripensamento – come sulla famiglia- in cui affrontare le questioni in modo complesso e «profondo» (concetto ricorrente): «I confronti fraterni e aperti fanno crescere il pensiero teologico e pastorale». C`è un pensiero da far crescere nella Chiesa, troppo anchilosato: bisogna non ripetere la casistica, andare alla realtà, capire e essere creativi: «La questione non è cambiare la dottrina, ma di andare in profondità e far sì che la pastorale tenga conto delle situazioni e di ciò che per le persone è possibile fare» (lo dice sul controllo delle nascite, ma ha un valore generale). Questo non porta ad adattarsi al mondo o peggio alla banalità: no al neo-malthusianesimo, al dominio della finanza, rivendicazione di quanto Benedetto XVI e la Chiesa hanno fatto per far pulizia sui gravi scandali della pedofilia («Nessun altro ha fatto di più. Eppure la Chiesa è la sola ad essere attaccata»). Domina una grande ambizione, anzi il Papa direbbe un`utopia: rendere la Chiesa una comunità di credenti più umana, evangelica e estroversa nel mondo. Quest`uomo normale, molto argentino, affezionato alla sorella malata a Buenos Aires, sa vivere il distacco e la disciplina che richiedono una grande missione e un grande sogno: «Mi piacerebbe vederla, ma questo non giustifica un viaggio in Argentina… Non penso di andare prima del 2016, perché in America Latina sono già stato a Rio». Lo dice a de Bortoli con semplicità. Ma la sua rivoluzione è solo all`inizio. Quella di un uomo normale, durante il cui pontificato la Chiesa sta assumendo un profilo speciale.