Fonte: Corriere della Sera - Sette
Sembra difficile oggi che gli ebrei vivano con i musulmani. Appare pure complicato che i musulmani abitino con i cristiani. Invece ci sono stati luoghi attorno al Mediterraneo, dove gli ebrei hanno pregato accanto ai musulmani e questi ultimi accanto ai cristiani. Alcuni di questi luoghi esistono ancora e sono aperti ai credenti di varie religioni.
Notre Dame d’Afrique -Algeri
Ho visto in un santuario dedicato a Notre Dame de la Garde, che domina Marsiglia, donne musulmane in preghiera. Lo stesso avviene nel santuario di Notre Dame d’Afrique (Algeri), dove i musulmani e i pochi cristiani rimasti nel paese si rivolgono a una Madonna nera. Sull’abside della chiesa, finita di costruire dai francesi nel 1872, campeggia la scritta in francese, arabo e cabila «Nostra Signora d’Africa, pregate per noi e per i musulmani». La preghiera chiesta a Maria vuole abbracciare anche i musulmani. Ma spesso i vertici delle religioni e le ortodossie non amano i luoghi misti di preghiera. Tuttavia l’intuito del popolo spinge verso spazi imbevuti da secoli di preghiera e dal senso della presenza di Dio. Non erano pochi questi luoghi. Molti sono scomparsi, con la fine della convivenza tra ebrei e musulmani in Nord Africa, come la sinagoga di Annaba (Algeria), fondata sulla memoria di un miracolo legato al rotolo della Torah. La devozione è scomparsa con la chiusura delle sinagoghe. C’è invece ancora in Tunisia, nell’isola di Djerba, dove vive qualche centinaio di ebrei: qui pellegrini ebrei e musulmani partecipano alle stesse cerimonie, in un luogo dove si ricorda una “santa” (non si sa di che religione). È un’isola di convivialità -scrive Dionigi Albera – in un mare di conflitti.
In certi santuari, fedeli di religioni diverse si raccolgono attorno a simboli di credo universale: è la prova che creando momenti di incontro si può accrescere il dialogo e ridurre lo scontro
Monastero di San Giorgio a Buyukada -Istanbul
Dall’altra parte del Mediterraneo, sull’isola di Buyukada, di fronte a Istanbul, i1 23 aprile, festa di San Giorgio (ma pure festa nazionale turca), 100.000 persone (quasi tutte musulmane) vanno in pellegrinaggio al santuario greco-ortodosso. È un`antica devozione, che ha avuto una reviviscenza negli ultimi anni. San Giorgio è attrattivo per i non cristiani, anche se talvolta i cristiani mi hanno detto di guardarlo come salvatore della Chiesa (la principessa nell’icona) dal drago (l’islam). Tensioni e convivenza s’intrecciano. A Istanbul, nella chiesa cattolica di Sant’Antonio da Padova, c’è tanto passaggio di musulmani – anche donne con il velo – specie il martedì, giorno dedicato al santo. Non sono solo storie passate. Un santuario misto di preghiera e di dolore è oggi Lampedusa, luogo di tanti sbarchi, ma anche di sepoltura dei caduti in mare (nel cimitero cristiano). Qui, fino al 1820, è
attestata anche una moschea. Oggi, con rifugiati e migranti, cristiani e musulmani, si prega secondo le diverse religioni. E lo si fa vicino. Con il legno delle barche, un abile artigiano fa croci che ricordano il dolore di tanti. E la memoria dei caduti viene celebrata nell`isola da incontri interreligiosi. Aveva ragione Giovanni Paolo II, rispetto agli spaventati custodi della separatezza identitaria: la pace, come il bisogno personale e il dolore, spingono a pregare gli uni accanto agli altri, anche se le teologie e le tradizioni liturgiche sono differenti. I luoghi “misti” del Mediterraneo ricordano come, nei secoli passati, non si è pregato solo gli uni contro gli altri, ma gli uni accanto agli altri. E si prega ancora vicino.