Fonte: Corriere della Sera
L'assassinio dei copti ad Alessandria d'Egitto è l'ultima di tante tragedie. Benedetto XVI ha parlato di "cristianofobia", termine nuovo nel lessico papale, vero indice di drammaticità. In realtà i cristiani occidentali, spesso presi da dibattiti provinciali, sono restii a essere attenti a questo dramma.
Il XXI secolo è un secolo del martirio come il Novecento. Che fare? Interesse, solidarietà, interventi internazionali sono importanti. Spesso si tratta però di dichiarazioni e poco dopo si spegne l’attenzione senza continuità. La comunità internazionale deve aprire gli occhi, uscendo dal consolidato politically correct. C’è chi chiede interventi occidentali. Le potenze occidentali furono per secoli protettrici dei cristiani d’Oriente. La loro azione, sfruttata politicamente, fu all’origine di molti guai per i cristiani, visti come avamposti dell’Occidente (da eliminare). I massacri dei cristiani nell’impero ottomano, dal 1914, sono una grande persecuzione paragonabile solo a quella dei cristiani russi con il regime sovietico. Del resto oggi per i Paesi occidentali non è facile intervenire. I cristiani orientali, da parte loro, non desiderano essere «protetti». Quando Andreotti, in visita a Damasco, chiese ai cattolici che cosa dire in loro favore al presidente siriano, questi risposero cortesemente che già parlavano con il «loro presidente».
L’assassinio quotidiano dei cristiani iracheni è incredibile. Senza motivo. I genitori non possono portare i figli a messa senza rischiare di vederli uccisi, magari da terroristi-adolescenti come a Bagdad. Lì i cristiani vivono da quasi venti secoli e da quattordici con l’Islam. Nell’era della libertà, con la guerra americana all’Iraq, è arrivata la fine per loro. La Santa Sede era contraria al conflitto: sapeva che i cristiani sarebbero stati vittime del caos con la fine del regime. Si fece la guerra. I cristiani locali, inermi, sono divenuti facile bersaglio per terroristi criminali. I cristiani sono un obiettivo facile per il terrorismo islamico alla ricerca di pubblicità per mostrare potenza. Fomentare l’odio anticristiano è una vecchia tecnica per raccogliere consenso tra i musulmani.
Le piccole comunità cristiane indifese svolgono azioni caritative verso tutti senza distinzione di religione: la loro presenza mite rappresenta una contestazione dolce e tenace dell’escalation dell’odio. C’è una peculiarità cristiana da non sottovalutare. Tra i musulmani c’è chi resiste. Il libanese Sammak ha dichiarato che chi uccide i cristiani colpisce i musulmani. Questi atteggiamenti, sorretti da una fondata lettura dell’Islam, sono maturati in decenni di dialogo tra cristiani e musulmani, che ha salvato e incrementato ponti di comunicazione. Sono vie di amicizie culturali e religiose, più che azioni burocratiche. Matura in alcuni settori dell’Islam la coscienza che la fine delle minoranze segnerà un’involuzione totalitaria. Certo il mondo islamico è vasto e preda di tante propagande. Giustamente Benedetto XVI ha riproposto l’incontro interreligioso di Assisi del 1986, annunciando che tornerà a ottobre nella città francescana. Il dialogo è una delle risposte «cristiane» (cioè di amore) alla persecuzione. Lo «spirito di Assisi» non è relativismo, ma un invito alle religioni per far maturare un clima di pace nel vivere insieme: una grande intuizione di Giovanni Paolo II che vide arrivare, fin dalla metà degli anni Ottanta, fondamentalismi, conflitti religiosi e di civiltà.
I cristiani soffrono non solo (anche se in buona parte) a causa degli islamici, ma anche del fondamentalismo indù. C’è poi la violenza che, dall’Africa all’America Latina, trova nella presenza cristiana un argine alla dittatura sanguinaria del crimine e ai suoi effetti barbari. Per questo colpisce i cristiani. Nel 2005 una suora americana, Dorothy Stang, fu uccisa perché aiutava i senza terra in Brasile: «Ecco la mia unica arma» disse mostrando la Bibbia agli assassini. Davvero il XXI secolo si presenta come nuovo secolo del martirio. C’è una responsabilità nel sostenere i cristiani in difficoltà, non lasciandoli soli. Spesso la solitudine aumenta la vulnerabilità. Ma niente è semplice in questo mondo contemporaneo così complesso. Forse il martirio rivela allo stanco cristianesimo occidentale del nostro tempo la fibra peculiare dell’essere cristiani, che emblematicamente attira l’odio.