Fonte: Famiglia Cristiana
I ventuno cristiani egiziani, sgozzati sulla riva del Mediterraneo con un rituale terribile, sono stati assassinati per inviare un messaggio di terrore mediatico: il califfato dell'Is è alle porte dell'Europa e può colpire. Dal Medio Oriente risale in Nord Africa. Il prossimo obiettivo è l'Europa. Gli attentati a Parigi e a Copenaghen sarebbero anticipazioni di un attacco che potrebbe toccare il nostro Paese. Le minacce hanno suscitato un dibattito in Italia su come rispondere. Si è parlato d'intervento militare, anche se in termini generici. C'è paura.
La minaccia dei terroristi è reale. Tuttavia non possiamo replicare come questi vorrebbero. La loro grande capacità sta nel gestire gli interventi sulla Rete. Subiamo la loro iniziativa propagandistica. Il terrorismo "mediatico" è parte importante della loro battaglia. E noi su questo siamo piuttosto indifesi. Dobbiamo dare dimensioni reali al pericolo islamista: in Libia i gruppi dell'Is hanno segnato una presenza in alcune città e unito altri gruppi fondamentalisti e tribali. Ma, nel caos libico, non sono maggioritari; rappresentano però un polo attrattivo e pericoloso. Tuttavia non c'è uno scontro frontale tra Occidente e Is: è quanto i terroristi vorrebbero, per essere accreditati nella leadership tra i musulmani come l'avanguardia contro l'Occidente. Un vero califfato contro l'Europa. Resteremo allora impotenti? No, il caos libico è un terreno pericoloso di coltura di violenza, estremismi e terrorismo. Non è facile ricomporlo, come ha mostrato l'azione dell'inviato Onu, Bernardino León. Alcuni Paesi, come l'Egitto, vogliono un intervento militare (in parte realizzato ultimamente con alcune ritorsioni contro i terroristi). Turchia, Qatar, Emirati, Algeria, hanno posizioni differenti.
La soluzione militare non è proprio la prima opzione. Si deve subito innalzare il livello di impegno politico. L'Italia ha una responsabilità particolare. Una personalità autorevole come Romano Prodi potrebbe guidare una missione di pace ritessendo l'unità all'interno di un Paese frammentato (che è la base per ogni soluzione politica), ma anche cercando di accordare le nazioni "amiche" della Libia (o meglio dei diversi gruppi libici). C'è un grande lavoro da fare, accanto all'azione dell'intelligence in una realtà così divisa. Non dobbiamo però cedere al panico, che porta a soluzioni semplificate.