di Grazia Longo

30/09/2024 Andrea Riccardi. “Centri in Albania, scelta incomprensibile. Accogliamo o saremo un popolo di vecchi”

di Andrea Riccardi

Fonte: La Stampa

Anche le legislature di centrosinistra non sono riuscite a varare una legge per i bambini stranieri
C’è una coincidenza tra atteggiamento umanitario e il nostro interesse sul piano demografico
Il fondatore di Sant’Egidio: “L’integrazione passa per la cultura, sì a uno ius scholae breve”

Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio ed ex ministro all’Integrazione, che cosa pensa del decreto flussi in via di approvazione?
«Ritengo sia utile e vada realizzato in base alle necessità del Paese. Dal governatore della Banca d’Italia e dagli imprenditori, ma anche dalle famiglie, arriva una sempre maggiore richiesta di manodopera. E comunque il tema migrazione non risponde solo a interessi sociali ed economici, ma anche umanitari. C’è una coincidenza tra un atteggiamento umanitario e l’interesse del nostro Paese anche da un punto di vista demografico. I migranti vanno integrati e inseriti nel mondo del lavoro. E invece stazionano nei centri di accoglienza inutilmente, in una condizione di vuoto e di sospensione, senza gli ausili necessari, come i corsi di lingua».
A proposito di centri di accoglienza, come valuta quello che sta per aprire in Albania?
«Sinceramente non ho capito perché farlo in Albania invece che in Italia. Inoltre non capisco come mai gli albanesi abbiano accettato una struttura sotto la giurisdizione italiana. L’Italia non ha paura di accogliere, basti pensare a come ha accolto gli ucraini».
Bisognerebbe rivedere la Bossi-Fini?
«Va rivista la cultura politica e quindi anche la Bossi-Fini. Il problema va risolto a monte, da anni ripeto che la questione migranti è bipartisan, non esistono differenze tra destra e sinistra. Riguarda tutti. L’immigrazione è una bomba politica lanciata in basso».
Ha dunque ragione il sociologo olandese Hein de Haas, intervistato ieri dalla Stampa per cui non c’è differenza tra destra e sinistra sul tema dell’accoglienza dei migranti?
«Credo proprio di sì. Un giorno un leader della sinistra mi disse: “Non è bene parlare di migranti perché si perdono voti”. Del resto è evidente: anche le legislature guidate dal centro sinistra non sono state in grado di varare una legge per la cittadinanza dei bambini stranieri. Un atteggiamento preoccupato sull’emigrazione, tra l’altro, si ritrova anche nel resto d’Europa. Il premier laburista inglese Keir Starmer, ad esempio, mi pare severo…» .
Lei quindi propende più per lo ius scholae rispetto allo ius soli?
«Sì, lo ius soli va bene negli Stati Uniti d’America, un grande Paese e non nella penisola, luogo di passaggio. In Italia l’identità nazionale è culturale non di razza o di sangue. Io avevo proposto nel 2011 lo ius culturae, ma è caduto nel vuoto. Ma praticamente è lo ius scholae. Anche l’unità d’Italia è passata attraverso l’unità della cultura e della lingua e lo stesso vale ora per i migranti. Meglio comunque uno ius scholae più breve di quello ipotizzato finora. Tra dieci anni non avremo più la forza per integrare, saremo un Paese di vecchi».
Pensa sia necessaria anche la riforma sulla richiesta di cittadinanza?
«Sì, come serve tutto quello che può favorire la cittadinanza. Dalla proposta del vicepremier Antonio Tajani sullo ius scholae al referendum sulla richiesta di cittadinanza. Sul fronte integrazione abbiamo avuto la situazione vergognosamente bloccata per decenni».
Occorrerebbe anche potenziare i corridoi umanitari creati dalla Comunità di Sant’Egidio?
«Grazie ai nostri corridoi umanitari sono arrivate in Italia 10 mila persone: siriani dal Libano, afgani, africani dalla Libia, Eritrea, Somalia. Abbiamo favorito i corridoi umanitari con l’aiuto del governo, anche quello attuale, a spese nostre e della chiesa valdese. Siamo intervenuti grazie a privati ed associazioni. A conferma che la società italiana è in grado di accogliere e integrare. Abbiamo anche contribuito a ripopolare borghi disabitati e adesso stiamo per far partire i corridoi lavorativi, già accettati dal governo».
Su che cosa si deve insistere per incrementare l’integrazione?
«L’integrazione la fanno le comunità. Non è un caso che colf e badanti siano così ben accolte dalle famiglie che sono delle piccole comunità. Favorire l’integrazione sui posti di lavoro è più difficile ma bisogna provarci, mentre funziona bene l’inserimento dei migranti nelle scuole. Aiuta a integrare anche i genitori degli studenti. Occorre sostenere tutti i luoghi comunitari ed evitare la ghettizzazione. Inoltre è fondamentale il momento del “benvenuto”: chi viene accolto male, come spesso avviene, diventa più diffidente. Andrebbero poi evitate le lungaggini burocratiche che non aiutano certo a far parte di un tessuto sociale in modo attivo. Non dimentichiamo, infine, l’importanza di corsi per insegnare l’italiano perché la lingua comune è di grande aiuto per integrarsi».
Ci dovrebbe essere maggiore collaborazione tra i Paesi sul Mediterraneo dove sbarcano i migranti?
«Purtroppo ogni Paese tende a fare a modo suo. C’è poca solidarietà ed è diffusa l’idea che ci troviamo di fronte a un’invasione, mentre si tratta di un movimento immenso di popolazione».
Come valuta il Piano Mattei?
«Penso sia un bene: un coinvolgimento italiano in Africa è importante. Siamo all’inizio».