Fonte: Avvenire
È stata una lunga amicizia, quella con il giornalista scomparso a 94 anni: «Levi credeva nello spirito di Assisi, con noi si appassionava a migrazioni, antisemitismo, confronto fra credenti e non». Il ricordo di Andrea Riccardi su Avvenire
Quando era consigliere di Carlo Azeglio Ciampi, Arrigo Levi aveva tra l’altro il compito di andare in avanscoperta nelle città che il presidente della Repubblica avrebbe visitato da lì a poco. «Parlava con tutti, si informava e prendeva appunti – ricorda lo storico Andrea Riccardi –. Dopo di che, puntualmente, tornava al Quirinale con il medesimo verdetto: “Quello che ne capisce di più è il vescovo”, diceva».
È stata una lunga amicizia, quella tra il grande giornalista scomparso oggi a 94 anni, e il fondatore della Comunità di Sant’Egidio: «Levi credeva molto nello spirito di Assisi, con noi si appassionava a temi come le migrazioni, l’antisemitismo, il confronto fra credenti e non credenti», sottolinea Riccardi, che nel 1999 fu coautore con lui di Dialoghi di fine millennio, un volume nel quale il cardinale Carlo Maria Martini si misurava con intellettuali di diversa estrazione. «Levi non si era mai lasciato convincere dalla tesi della secolarizzazione vincente – prosegue –. Da laico, riconosceva la forza delle religioni».
Professore, dove va collocata storicamente la sua figura?
All’interno della generazione europea degli anni Venti, la stessa di uomini come Ciampi e Giovanni Paolo II, che infatti di Levi sono stati amici. Pur avendo conosciuto da giovani gli orrori della guerra, non avevano mai rinunciato alla speranza della pace. Hanno affrontato la Guerra Fredda e gli entusiasmi del 1989, hanno seguito da vicino i drammi del Medio Oriente e dato credito al processo culminato negli accordi di Oslo. Levi, nella fattispecie, era nutrito di cultura biblica, aveva discusso la tesi di laurea su Geremia, ma non ha mai voluto assumere atteggiamenti profetici. La sua era una laicità rigorosa, autentica, che coincideva con la ragionevolezza della politica.