Fonte: Vatican News
Ci saranno contributi dal Nord dello stesso Paese, dove gli attacchi dei gruppi armati hanno creato non solo tante vittime ma migliaia di sfollati o, ancora, dal Libano, dove l’esplosione dell’estate scorsa ha indebolito ulteriormente una nazione già in grande sofferenza. Si parlerà anche dei corridoi umanitari, aperti dallo stesso Libano, per i profughi siriani, e dall’isola greca di Lesbo, del processo di pace in Sud Sudan e del Centrafrica, dove si sono appena svolte le elezioni presidenziali e dove occorre proteggere il percorso verso il disarmo e il dialogo nazionale.
L’obiettivo dell’incontro di domenica è quello di rispondere al tema che Francesco ha scelto per la Giornata: “La cultura della cura come percorso di pace”, perché secondo Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di S. Egidio “la cultura della cura è essenziale. Naturalmente – afferma – possiamo pensare alla pandemia, ai malati, alla cura dell’ambiente naturale in senso più largo, ma anche alla cura dell’altro. Non si vive calpestando l’altro, ignorando l’altro, perché siamo tutti legati. La cultura della cura – spiega Riccardi – è proprio l’espressione in quel senso di responsabilità amichevole, civica, evangelica che ognuno di noi deve vivere. Non si può passare indifferenti voltandosi dall’altra parte. Io credo che questo sia un punto di Papa Francesco che resterà perché è basilare nella costruzione di un mondo diverso. A meno che dopo la pandemia non si voglia ritornare come prima”. Ma la promozione della cultura della cura richiede un processo educativo. Quali, secondo Riccardi, i punti cardine attorno ai quali deve ruotare tale processo?