Fonte: Il Mattino
«Gli occhi di Samia viva non sono solo l`icona contemporanea della disperazione. Perché quegli occhi rappresentano la storia impietosa, che ti interroga, di due vite – quella di Samia e del figlio che aveva in grembo Quegli occhi che guardano all`indietro è come se esprimessero sempre l`imperfezione, finale e misteriosa, della vita che purtroppo finisce con una morte così tragica su un barcone alla deriva».
Andrea Riccardi, ministro per la cooperazione internazionale e l`integrazione, ha sulla scrivania la pagina del Mattino che racconta la storia di Samira, l`atleta olimpionica somala segnata dal tragico destino che ha accomunato centinaia di connazionali somali: morire in un barcone a largo di Lampedusa, nell`ultima disperata traversata dall`Africa alle coste italiane. «Sono già stato a Lampedusa dove ho portato fiori nella zona dove sono sepolti gli immigrati e i rifugiati vittime del mare. Tornerò ancora nell`isola, visiterò la tomba di Samia, un fiore, una preghiera e molta riflessione».
Eppure, ministro Riccardi quegli occhi con lo sguardo profondo rivolto all`indietro, non crede che sia davvero una sfida per tutti? Forse, anche una sconfitta?
«Mi sono interrogato spesso, nei giorni delle Olimpiadi, quale significato avesse la bandiera somala che sfilava con la delegazione degli atleti. Una bandiera di uno Stato, quello dove era nata Samia, che praticamente non esiste più. Ho pensato a Samia portabandiera somala alle olimpiadi Pechino. Ha interpretato, con quella bandiera, la volontà di esistere di un popolo "balcanizzato", senza Stato, senza Legge e, tuttora, senza speranze».
Ma c`è anche la foto di Samira rannicchiata, senza vita, incinta di quattro mesi, ormai un cadavere…
«Si, è la rappresentazione plastica della tragedia somala e della disperazione dei rifugiati che sfuggono da un destino di morte e di persecuzione e che affidano il loro futuro, e nel caso di Samia anche del figlio, a una barca instabile e alle onde di un mare incerto».
E la comunità internazionale?
«Sta lavorando, ma scontiamo sempre i processi lunghi che non sono mai sincronizzati alla disperazione quotidiana del popolo dei rifugiati».
Ministro, c`è chi dice: il governo dei tecnici pensa ai numeri e poco ai drammi dell`immigrazione.
«Bisogna, intanto, distinguere tra la vicenda dei rifugiati, per i quali vi sono obblighi internazionali e costituzionali da osservare scrupolosamente, da quella dell`immigrazione a carattere economico. In quest`ultimo campo se non si conoscono i numeri e non si analizzano è difficile intervenire. Credo che, negli ultimi tempi, abbiamo fato notevoli passi avanti di accrescere il senso dell`accoglienza».
I numeri degli sbarchi li avete valutati?
«Sono in calo rispetto agli ultimi anni».
Al momento su quali numeri ritiene di dover porre attenzione per valutare il fenomeno migratorio?
«Su quelli di molti stranieri che lasciano l`Italia. Alcuni lasciano il nostro Paese a causa di un basso livello di integrazione».
E noi avremmo bisogno di questi immigrati.
«In giro per l`Italia trovo agricoltori, industriali e artigiani che mi raccontano di storie straordinarie di integrazione e che chiedono di poter impiegare immigrati, dato che molti mestieri gli italiani non intendono farli più»
Se, guardando gli occhi di Samia, dovesse fare un bilancio della sua esperienza al Governo cosa direbbe?
«Sembrano davvero lontani gli anni della sindrome da "invasione alle porte". È cambiato il linguaggio pubblico, meno emotivo rispetto all`accoglienza e all`integrazione. È già un buon successo».