Fonte: La Repubblica
Casa, lavoro, istruzione e salute: sono i quattro pilastri per l'inclusione delle comunità rom secondo l'Unione europea. Un obiettivo collegato, per la prima volta, direttamente alla crescita dell'Ue per il 2020. I 12 milioni di rom sono la principale minoranza europea, ma sono spesso vittime di razzismo ed emarginazione, vivendo in condizioni di estrema povertà. Secondo la Banca mondiale, un'integrazione completa dei rom potrebbe garantire un incremento di circa 0,5 miliardi di euro l'anno per le economie di alcuni Paesi, permettendo di aumentare la produttività, tagliare le spese sociali e aumentare le entrate fiscali. Per tutti i problemi di emerginazione ci sono a disposizione 26 miliardi e mezzo di euro per il quinquennio 2007 – 2013, ma Bruxelles lamenta che gli Stati abbiano impiegato pochi soldi per alleviare le condizioni di svantaggio delle popolazioni rom. Per questo, László Andor, commissario UE responsabile per l'Occupazione, gli Affari sociali e l'Integrazione, ha lanciato un altolà. Secondo Andor è necessario che "gli Stati membri dispongano di un'adeguata strategia di inclusione dei rom prima di ricevere gli stanziamenti del Fondo sociale europeo destinati a tale strategia nell'esercizio finanziario 2014-2020". Quindi, nel 2012 tutti i Paesi membri dell'Unione europea hanno dovuto presentare il proprio programma nazionale per l'inclusione delle comunità rom. Il piano presentato dall'Italia attraverso il ministro per la Cooperazione e l'Integrazione Andrea Riccardi, contiene una posizione chiara e forte contro "il sistema dei campi nomadi", nei quali da decenni le amministrazioni locali concentrano e segregano le comunità rom su base etnica.
Ministro Riccardi, senza la strategia nazionale non potevamo accedere ai fondi europei?
"Non esistono fondi specifici per i rom, ma ora possiamo operare sui fondi per l'inclusione. Noi non avevamo credibilità, l'abbiamo acquistata attraverso la presentazione del piano nazionale. Avevamo il dovere di presentare questo programma all'Europa. La strategia nazionale nomadi per me è stata molto importante, ha segnato una svolta nella considerazione dell'Italia in ambito Ue. Non avevamo ottima fama, a causa della politica sui rom condotta fino a quel momento, perché nel nostro Paese c'è stato un clima che ha avuto veramente delle venature di antigitanismo. Questa piccola realtà dei nomadi è sembrata un mostro che portava via la sicurezza ai cittadini".
In cosa consiste il piano nazionale di inclusione di rom e sinti?
"Nasce da un tavolo rom interministeriale e abbiamo lavorato su 4 assi principali. La prima è l'housing: il problema del superamento dei campi nomadi. Qui io debbo lamentare che alcune amministrazioni comunali alimentano il vecchio sistema, creando dei megacampi nomadi e ingrandendoli. Questo è assolutamente sbagliato. Con gli sgomberi si va a danno dei bambini che frequentano la scuola. Il secondo punto è la scuola. Gli zingari, i rom, sinti e camminanti sono un popolo costituito per metà di giovani. Noi dobbiamo investire sulle nuove generazioni per l'inserimento nel paese, ci sono anche delle eccellenza tra i rom. Poi l'accesso alla salute e il lavoro. Nel mondo rom i lavori tradizionali sono entrati in crisi".
Il Piano nomadi di Roma è in contrasto con il piano nazionale?
"Lei mi chiede qualcosa che mi imbarazza molto, io credo che il Comune di Roma debba fare molto di più. Il numero dei nomadi è alto rispetto ad altri comuni ma non è enorme. Gli sgomberi non andrebbero fatti, i campi non andrebbero ingranditi. Non ho condiviso la chiusura del campo di Tor de Cenci. Non sono il sindaco di Roma. Ho visitato il campo rom, ho espresso la mia posizione sullo sgombero di Tor de Cenci con molta chiarezza, la mia posizione non è stata seguita, il sindaco non era obbligato a seguirla. Secondo me ingrandire i campi come viene fatto con questo sgombero, continuare in questo modo la politica dei campi, è un errore. Penso dobbiamo dare segnali interventi precisi di novità. Ma se non si è affrontato fino ad ora, non credo si affronterà in questo scorcio di pochi mesi prima delle elezioni. Questo mi spiace".
Qual è l'alternativa a sgomberi e mega campi?
"L'alternativa deve essere trovare soluzioni abitative. Nessuno lo vuol dire perché parlare dei rom non porta voti. Devo dire che il discorso sui rom è cambiato in un anno di governo".
Ci sono esempi positivi di azioni diverse da quelle del Comune di Roma?
"Altri comuni stanno lavorando sull'housing molto bene. Il Comune di Torino sta cercando delle soluzioni. Anche se non posso dimenticare come all'inizio del mio lavoro di governo visitai un campo nomadi devastato a Torino, veramente una violenza che ho visto solo in zone di guerra. Certo, c'è il problema dei fondi ma anche della volontà delle amministrazioni che devono impegnarsi di più in questo senso. Per alcuni Comuni con i fondi Pon Sicurezza abbiamo una certa disponibilità di risorse. Ma ora bisogna mettere non solo fondi ma volontà politica su questa tematica. Ci sono delle eccezioni: a Pavia il sindaco Cattaneo procede a dare una piccola quota di case ai sinti ogni anno, ma alcuni di loro vogliono restare insieme in modo tradizionale. I sinti sono una cosa diversa rispetto ai rom".
La Spagna ha speso molti soldi in case e lavoro per i rom, con ottimi risultati. In Italia invece i soldi sembrano essere spesi molto male, è d'accordo?
"Guardo con molto interesse al caso della Spagna perché si investe in lavoro e in abitazioni. Noi ci muoviamo con cifre molto più ridotte. In Italia c'è la tendenza all'antigitanismo. Il problema sembra insolubile ma in realtà è molto limitato, anche se difficile. Non si può scaricare sulle popolazioni della periferia l'impatto del disagio con rom che sono già di per sé disagiati".
Il Consiglio di Stato ha stabilito che la presenza dei rom non costituisce un'emergenza per la sicurezza dei cittadini. Lei ha detto che il governo ha cambiato rotta sui rom, ma poi avete fatto ricorso contro questa sentenza. Che fine hanno fatto i soldi residui stanziati per l'emergenza? Li userete per l'inclusione? Risulta anche che l'Italia non abbia ancora specificato le risorse di bilancio (a carico del nostro Paese o dell'Unione) per rendere concreta questa strategia.
"I fondi dell'emergenza sono tornati alle prefetture, noi oggi abbiamo una disponibilità su cui possiamo agire, ho riconvocato il tavolo rom per ridiscutere i 4 punti e chiedere alle amministrazioni locali di impegnarsi. Condivido la posizione europea recentemente espressa nel rapporto del commissario per i diritti umani. In sede europea noi possiamo essere accusati di avere presentato una bella strategia ma di non fare niente. Noi non possiamo impegnarci direttamente come ministero ma ci siamo offerti di aiutare i singoli Comuni a preparare i progetti che possono essere poi finanziati. Quindi abbiamo delle risorse, dobbiamo spenderle. Capisco che ci vorranno anni per risolvere il problema ma dobbiamo iniziare un processo virtuoso. Fra i 4 punti della strategia, tengo molto alla scolarizzazione dei bambini. Poi mi vengono a dire che nei campi rom esiste criminalità, ma questi problemi vanno affrontati come per tutti i cittadini, intervengano la polizia e la magistratura. Io non credo che bisogna santificare il popolo rom. Ma non si può criminalizzare un'intera comunità. Questa è stata un'operazione facile per non risolvere i problemi e per scaricare la rabbia delle periferie su alcune situazioni. Conosco molto bene il mondo rom, conosco le fragilità della cultura, la difficoltà a gestire i rapporti con il resto del mondo, ma c'è stata una criminalizzazione. Se ci sono criminali si intervenga a norma di legge, i campi non sono extraterritoriali".
Siamo sicuri che questi soldi non si stanno usando, a Roma ad esempio, per fare sgomberi?
"Non credo vengano spesi per gli sgomberi, noi ci siamo raccomandati, abbiamo insistito sul fatto che questi soldi non vadano dispersi. Alla fine del mandato voglio dire quali sono gli attori che hanno fatto e quelli che non si sono impegnati. Se le cose non vanno avanti, ci sono responsabilità differenziate. Non si può a un certo punto invocare il valore degli enti locali e poi dire che lo Stato deve fare tutto. Bisogna uscire da una logica di emergenza, questo è il punto, passiamo a una logica di costruzione del futuro. Certo c'è una responsabilità peculiare degli enti locali che noi dobbiamo assistere e anche avviare a un'utilizzazione dei fondi in campo".
Servono azioni mirate anche contro il razzismo verso i rom?
"Per questo c'è l'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (che però ha subito nei mesi scorsi un grosso taglio del personale e perfino del direttore Massimiliano Monnanni, ufficialmente per motivi di spending review, ndr.) Credo che una delle grandi battaglie per l'integrazione sia cambiare la mentalità. Ho sempre detto che il ministro dell'Integrazione non è il ministro dei rom e degli stranieri, ma è il ministro degli italiani".