Fonte: Il Foglio
Mentre ventuno cristiani venivano macellati ad Alessandria d'Egitto durante la messa solenne di Capodanno, Benedetto XVI annunciava la convocazione per il prossimo ottobre di un raduno interreligioso ad Assisi, venticinque anni dopo lo storico incontro convocato da Wojtyla nella città di san Francesco. C'è una vulgata che sostiene che Ratzinger non abbia mai visto di buon occhio il raduno del 1986, e le "repliche" proposte ogni anno dalla Comunità di Sant'Egidio, per il rischio di "sincretismo" che può essere presente in questo tipo di incontri.
A sostegno di questa tesi c'è un precedente: al raduno che si svolse sempre ad Assisi nel 2006 – l'anno della lectio di Ratisbona nella quale il Papa condannò l'uso della violenza nel nome di Dio proprio dell'islam Ratzinger preferì non partecipare, nonostante un invito del vescovo della diocesi Domenico Sorrentino,
E oggi? Benedetto XVI si è convertito ad Assisi e al suo spirito? Dice il fondatore della Comunità di Sant'Egidio al Foglio che "è improprio parlare di conversione". Certo, "il Papa ha sempre espresso perplessità per le derive presenti in un dialogo interreligioso relativista, dove le identità si dissolvono, dove Cristo, in ultima analisi, non è presentato come unico salvatore. E, insieme, egli ha sostenuto il dialogo tra culture, dove ragione e ragionevolezza hanno un loro ruolo. Ma proprio nel 2006 scrisse al vescovo Sorrentino dicendo ciò che veramente pensava del raduno di Assisi, Disse che l'iniziativa era 'audace' e 'profetica'. Io ebbi uno scambio di battute con lui nel 2002 di ritorno dal raduno di Assisi voluto ancora da Giovanni Paolo II . Gli chiesi se era contento. Mi rispose di sì perché lutto si è svolto molto bene'. Penso si riferisse soprattutto a come avevamo impostato i momenti di preghiera, e cioè salvaguardando quei cammini distinti che sono propri delle varie religioni senza cedere a quei relativismo che nega il senso della verità e la possibilità di attingervi".
Certo, contro Assisi e gli incontri degli anni successivi non mancarono critiche ma queste, dice ancora Riccardi, "vennero principalmente da persone della curia vicine a noi". Cioè? "C'era in curia chi sosteneva – non Ratzinger – che Assisi doveva restare un unicum non 'replicabile'. Noi invece andammo avanti forti dell'invito e dell'appoggio di Wojtyla che ogni anno si faceva a noi vicino con una lettera autografa in cui ci diceva di proseguire nell'autentico spirito di Assisi, ovvero nel dire pubblicamente che una civiltà del vivere assieme è sempre possibile".
Ma "vivere assieme" è difficile. Negli anni successivi a Ratisbona il Papa non ha più criticato l'islam. C'è chi parla di una sorta di Ostpolitik inaugurata verso i paesi musulmani: non si critica per salvare le minoranze. Dice Riccardi: "Già negli anni Trenta il Vaticano s'interrogò su come rapportarsi coi musulmani. Da subito la Santa Sede cercò la politica dei buoni rapporti, del dialogo. Oggi si è aggiunta un'annotazione in più: l'insistenza sulla necessità di garantire la libertà religiosa. Ma la politica è rimasta quella di sempre: dialogo e buoni rapporti, Un esempio fu l'Iraq di Saddam Hussein, Pur nella deplorazione per un regime dittatoriale, il Vaticano cercava il dialogo. Infatti anche Wojtyla sapeva bene che con Saddam i cristiani stavano decentemente, nonostante tutto".
Tre giorni fa il Papa ha però parlato di cristianofobia. "Mi sembra da sottolineare il fatto che questa parola sia entrata nel lessico papale", dice Riccardi. "Oggi sono i cristiani le vittime del fondamentalismo religioso, non solo in medio oriente ma anche in Asia e in Africa. Perché? Perché colpire i cristiani fa notizia. E poi i cristiani, con la loro presenza mite e credente, rappresentano una contestazione radicale della logica dell'odio. Papa Benedetto XVI chiede all'occidente di uscire dall'indifferenza e la strada che indica resta quella del dialogo".