Fonte: Avvenire
Prima il selvaggio raid in un campo rom di Torino per uno stupro inventato. Poi il duplice omicidio di Firenze a danno di due senegalesi. Per non dire di quei partiti e movimenti politico-culturali che cavalcano l’intolleranza. «Le parole in certi casi diventano armi, qualcosa di pesante», denuncia il ministro della cooperazione internazionale e dell’integrazione, Andrea Riccardi. Nelle stesse ore a Firenze sfilano a migliaia per dire no al razzismo.
Due giorni prima proprio Riccardi era stato attaccato dalla Lega per la visita tra i resti anneriti dell’insediamento devastato a Torino. «Credo – ha detto Riccardi, che ieri si trovava a Genova per visitare il nuovo padiglione del “Galata museo del Mare” dedicato alle migrazioni – che troppo si è predicato il disprezzo, si è parlato con durezza di gruppi etnici minoritari. Poi si è detto: son cose così, urliamo e le parole non pesano. Pesano, invece, eccome».
Nelle stesse ore, ieri a Firenze sfilava un corteo di dodicimila persone. Insieme per non dimenticare, e per chiedere la concessione della cittadinanza italiana a Moustapha Dieng, Sougou More Mb e nghe Cheike, i tre senegalesi rimasti feriti nell’assalto razzista di Giancluca Casseri. Una manifestazione per guardare agli immigrati come «fratelli d’Italia». Il responsabile della Comunità senegalese Pap Diaw non lo cita apertamente, ma durante la sua orazione rievoca lo spettro di «un partito che è apertamente razzista in tv», chiedendo «di non fare campagna elettorale sulla pelle delle persone». Il governo «è sempre stato chiaro nel dire che ci deve essere sicurezza -dirà sempre da Genova il ministro Riccardi – per tutti gli italiani, per tutti gli immigrati e per tutti quelli che lavorano in Italia. Questa è la prima cosa che ho detto anche alla comunità senegalese di Firenze: ci vuole sicurezza anche per voi».
Non si è sottratto il ministro quando gli hanno chiesto se in Italia c’è chi getta benzina sul fuoco. «A Torino la benzina, in senso materiale, qualcuno l’ha gettata». Ma da adesso è necessario prevedere un contatto diretto con le realtà dei campi rom «e non solo leggerle sui giornali», ha aggiunto. «Io criticato? Non so se sono stati contenti – ha aggiunto – però io sono andato per la mia strada. credo che ognuno abbia le proprie upinioni e posizioni».
Certo, le ceneri del campo nomadi torinese lo ha molto impressionato:
«Vedere roulotte bruciate e case violate non fa parte della nostra Italia e della nostra società. È una forma di impazzimento che non deve più ripetersi».
In queste ore, però, torna a salire l’allarme sbarchi lungo le coste delle Sud. «Il governo – ha assicurato Riccardi – sta affrontando la questione con una strategia ampia, come dimostra la visita del presidente libico a Roma».
La via maestra l’ha indicata il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, rompendo il tabù del «no» alla cittadinanza ai figli degli immigrati nati in Italia. Parole «che hanno ridato a noi il senso della dignità di essere italiani- ha commentato il ministro della Cooperazione-. Non gettiamo benzina sul fuoco perché è un problema che riguarda la nostra identità». Del resto su questi temi non c’è da «scherzare perché i giovani immigrati rappresentano tanta parte del nostro futuro».
Anche a Milano è stata inscenata una manifestazione antirazzista, per ricordare i due senegalesi uccisi a Firenze. Il clima, inizialmente pacifico, si è deteriorato quando lungo il percorso un gruppo di giovani centroafricani ha preso la testa del corteo. Il servizio d’ordine costituito dai migranti ha faticato a riportare alla calma gli oltre mille manifestanti, quando il gruppo più acceso ha cominciato a gridare «assassini, assassini» e «razzisti, razzisti» rivolgendosi al cordone di carabinieri e polizia in tenuta antisommossa. La tensione si poi sciolta nel ricordo di Modou Samb e Mor Diop. Forse non saranno morti invano, se dopo la tragedia si potrà mettere fine a quella che il rappresentante dei senegalesi di Firenze definisce «banalizza-zione del razzismo», contro cui «servono leggi severe: chi discrimina sia punito». Accanto ai manifestanti c’erano tanti esponenti politici: Pierluigi Bersani, Nichi Vendola, Rosi Bindi, Riccardo Nencini, il sindaco Matte() Renzi, e ancora Paolo Ferrero, Gianfranco Rotondi, il ministro della comunicazione e il sottosegretario alla presidenza del consiglio del Senegal.
Tutti invocano «pulizia nel linguaggio». Un lessico nuovo che Firenze già conosce. «La nostra città non è stata ferma e non ha rinunciato all’integrazione», ricorda la Comunità di Sant’Egidio che in città da vent’anni gestisce la scuola per stranieri che ha insegnato l’italiano ad oltre20mila immigrati.