Fonte: Corriere della Sera
Nella Piana di Ninive, in Iraq, si gioca una vicenda decisiva. Una tragica questione umanitaria, attorno a cui se ne annodano altre fondamentali. Che sia in atto un dramma umanitario lo si vede tra i profughi cristiani in Kurdistan. Tra gli yazidi alla ricerca di sperata di una via d'uscita dalla catena rocciosa del Sinjar. E' un dramma la sorte di tante donne di questo popolo dimenticato. Purtroppo il rapimento delle donne appartenenti alle minoranze è stato una pratica frequente in questa parte del mondo. Uno dei motivi per cui le famiglie emigravano – dalla Turchia orientale o dall'Iraq – era difendere le figlie dai curdi o da altri. Ora la pressione di un esercito coeso e ben armato distrugge quanti non si omologano (o convertono) all'islamismo totalitario. Anche i sunniti d'altro sentire o gli sciiti.
QUesto è totalitarismo. Qui viene la seconda grande questione, dopo quella umanitaria: da dove arriva questo "mostro" sorto nel laboratorio del Medio Oriente? Non bastano le immagini del cosiddetto califfo, per individuarne la "testa" o i supporter. La loro forza militare è notevole. Se se sono accorti i peshmerga curdi, schierati sulla piana di Ninive, ma presto ritiratisi perchè militarmente impari. Chi si combatte? Non bastano le spiegazioni generiche sulla natura "aggressiva" dell'Islam. C'è il dovere di spiegare chi c'è dietro al "califfato", se lo si vuole fermare: Paesi arabi o gruppi privati facoltosi di questo mondo? DI quale strategia è espressione? Nel passato i gruppi sauditi (e non solo) hanno "giocato" con il radicalismo: in Afghanistan contro i sovietici o in altre parti del mondo. Svelare i supporter è individuare le dimensioni di un fenomeno, che crea uno Stato e si pone come soggetto globale nell'Islam. Resta una questione decisiva, ma non chiarita.
Siamo nel cuore di una guerra tra sunniti e sciiti, in cui sono intrappolate le minoranze. Le truppe del califfato colpiscono gli sciiti sul versante iracheno. Su quello siriano, i radicali lottano contro il potere alawita di Assad (laico), appoggiato dagli sciiti. La siriana Aleppo , città della convivenza, rischia in breve di divenire una nuova Mosul. Non tutti i sunniti si ritrovano nella battaglia del califfato. Cominciano a levarsi tra loro voci autorevoli che ne negano la legittimità. E' un processo in corso che va capito. Tremano la Giordania, piena di profughi, e il Libano senza presidente per le discordie tra gruppi religiosi. La forte Turchia di Erdogan, vittorioso alle elezioni presidenziali, guarda preoccupata l'entità radicale alle sue frontiere e teme infiltrazioni.
Nell'impotenza politica del governo di Bagdad s'è visto il fallimento dell'esportazione della democrazia con la forza, realizzata nel 2003 da Bush e Blair con qualche alleato occidentale. Era l'idea della guerra come lavacro rigeneratore della dittatura, che affascinava ancbe taluni europei. Il neonato Iraq democratico, una specie di grande Libano fondato su alchimnie etnico-religiose (ma senza la levigata sapienza meiterranea di quel Paese) s'è infranto nell'incapacità di agire. Resta la grande quesitone della democrazia nel mondo arabo, dopo il fallimento di tante "primavere", Ma oggi è soprattutto l'ora di fronteggiare l'emergenza. Papa Francesco ne ha scritto in modo non formale al segretario dell'Onu. Ha posto la questione di Ninive nell'agenda dell'opinione pubblica, chiedendo la difesa delle minoranze e non solo dei cristiani. Gli Stati Uniti di Obama hanno reagito, tenendo presente che anche il Kurdistan corre rischi. Francia e Gran Bretagna hanno marcato più di qualche posizione. L'Italia purtroppo non ha ancora segnato una forte posizione. Fortunatamente è stata accolta la richiesta del ministro Mogherini per un vertice europeo che si terrà a Ferragosto. Un precedente: dopo lo scoppio della crisi georgiana all'inizio di agosto 2008, già il 13 di quel mese i ministri europei si riunirono a Bruzelles (il giorno successivo all'efficace visita a Mosca del presidente di turno dell'UE, Sarkozy).
Gli americani non possono restare soli. Non si possono escludere altri, come l'influente Iran o la Russia, un player importante nella regione. Possibilità di agire ci sono, purché la comunità internazionale esca dall'impotenza e dai veti incrociati, eredità del passato. Guardando le immagini dei profughi cristiani, privati di tutto ma dignitosi, quelle degli yazidi e delle loro donne, la sensibilità della gente comune ha avuto un sussulto di solidarietà. Non è così distratta e concentrata su di sé, com'è stata descritta in questi tempi di crisi. Il disinteresse purtroppo cresce anche per l'impotenza della politica. Non bastano i riti fumosi. La dignità della democrazia si gioca sugli scenari del mondo. Sarà poco alla moda, ma credo che sia una fonte di legittimazione di Paesi come il nostro. Il dramma di Ninive è anche una grande questione morale di credibilità di fronte al mondo e a noi stessi.