27/08/2023 Al G20 indiano si gioca un’altra carta per la pace in Ucraina

di Andrea Riccardi

Fonte: Famiglia Cristiana

È ormai chiaro che una soluzione del conflitto potrà avvenire solo in un orizzonte internazionale

L’Ucraina non sarà invitata al G20 in India il 9 e il 10 settembre prossimo. La decisione è dell’India. La Russia invece sarà presente. La scelta ha sorpreso quanti pensavano che la riunione potesse essere l’occasione per cercare una soluzione al conflitto russo-ucraino e favorire un incontro tra Putin e Zelensky (in realtà gli ucraini hanno dichiarato da tempo di non accettare un confronto diretto). 

L’India non vuole deviare dal programma del prossimo G20, centrato sulla crescita globale. L’ha dichiarato il ministro degli Esteri indiano, Jaishankar, dicendo però che il suo Governo è preoccupato per come la guerra pesi sull’economia mondiale. 

L’incontro del G20 rappresenta i Paesi che detengono più dell’80% del Pil mondiale, il 60% della popolazione della terra e il 75% del commercio globale. Raccoglie Arabia Saudita, Australia, Argentina, Brasile, Canada, Cina, Corea del Sud, Francia, Germania, Giappone, India, Indonesia, Italia, Messico, Regno Unito, Russia, Stati Uniti, Sudafrica, Turchia e Ue. L’Ucraina non è membro del gruppo, ma avrebbe potuto essere invitata come fu per il G20 in Indonesia. La presidenza indiana intende valorizzare al massimo la riunione. L’evento infatti s’incrocia con il rilancio dell’India come grande player mondiale. 

In occasione della festa dell’Indipendenza indiana, il 15 agosto, il premier Narendra Modi, parlando a una grande folla, nel quadro solenne del Forte Rosso di New Delhi, ha affermato che il suo Paese è ormai decisivo nel plasmare un nuovo ordine mondiale. Ha previsto che, in cinque anni, l’India sarà la terza economia del mondo. Il Paese – ha rivendicato – «sta diventando la voce del Sud globale» nel quadro di «un nuovo ordine globale e di una nuova equazione geopolitica». Il conflitto tra Russia e Ucraina può forse trovare una via di soluzione proprio nel più vasto orizzonte internazionale, come si è già visto nel recente incontro (ancora di carattere esplorativo) in Arabia Saudita. 

Del resto, il ruolo della Cina, in buoni rapporti con Kyiv ma molto vicina a Putin, resta decisivo, se si vuole pensare a una soluzione pacifica. Non è un caso che la Santa Sede, dopo aver inviato il cardinale Zuppi a Mosca, Kyiv e Washington, pensi a un confronto con i cinesi in materia. I presidenti africani inviati a Mosca da Putin, il presidente Lula in varie occasioni, il Sudafrica, alcuni Paesi del Sud globale, in un modo o nell’altro, hanno mostrato di essere disponibili ad aiutare la fine del conflitto e determinati a non pagarne ulteriormente le conseguenze. 

Questo non significa però che per ora s’intraveda una via per la pace. Gli ucraini chiedono il rispetto della loro integrità territoriale, mentre i russi, dopo l’aggressione del Paese, non sono disposti a retrocedere. Sembra uno stallo. Per questo non bisogna scartare le strade che, qua e là, si vanno aprendo nel mondo. Deve finire la carneficina dei combattenti ucraini e russi, come anche le sofferenze del popolo ucraino. A queste motivazioni principali si aggiungono quelle di un Sud globale che non vuole più subire le conseguenze del conflitto.

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