Fonte: Famiglia Cristiana
Un mese fa a Gorino (frazione di Goro, in Emilia) c’è stata la processione con la statua della Vergine, portata da sole donne. Il 14 ottobre, invece, gli abitanti di Gorino (uomini e donne) hanno respinto un altro corteo di donne: 12 rifugiate (una incinta di otto mesi) e alcuni bambini, mandati dalla Prefettura per essere ospitati. La terra di Goro ha un rapporto complesso con l’acqua, tanto che c’è una benedizione del Po, di cui si temono gli straripamenti. A Gorino è avvenuta una brutta storia: un paesetto con meno di 600 abitanti, con tante case vuote, è entrato nelle cronache così. Rabbia, senso di abbandono, paura del futuro hanno portato a un muro improvvisato. Non mi vorrei aggiungere alle giuste condanne. Né soprattutto a quelli che hanno sostenuto la “resistenza” di Gorino. Invece i rifugiati avrebbero portato vita e futuro nel paese, destinato al declino demografico. Sui rifugiati si è scaricata la rabbia di una popolazione che si sente ai margini. Una brutta storia. Tuttavia ci sono alcuni aspetti da chiarire. Non prendiamocela solo con Gorino. C’è stata una preparazione degli abitanti all’impatto con i rifugiati? L’accoglienza va spiegata e accompagnata. Dopo il rifiuto, il prefetto di Ferrara ha dichiarato: «L’ipotesi di ospitare dei profughi a Gorino non è più in agenda». Cioè i pullman dei rifugiati hanno fatto marcia indietro di fronte alle barricate. Non mi pare ben fatto. Una decisione dello Stato va sostenuta: bisognava provare ancora. Si crea così un precedente contagioso. La festa degli abitanti di Gorino per la “vittoria” è assurda. Ma la decisione andava spiegata prima. Poi, cedere mi pare debole. L’Italia non è Gorino. L’ha rivelato l’accoglienza di tante famiglie e istituzioni ai siriani passati attraverso il canale umanitario della Comunità di Sant’Egidio, Chiesa valdese e Federazione delle Chiese evangeliche italiane. È vero. Siamo sottoposti a una forte pressione: 152 mila sbarcati da inizio anno, in aumento rispetto al 2015, sul livello del 2014. Il programma di ricollocamento europeo dei profughi giunti in Grecia e in Italia è un fallimento: hanno trovato accoglienza 5.600 rifugiati in un anno, quando era stata data disponibilità per 160 mila. I programmi di reinsediamento dei 22 mila profughi va avanti lentamente: solo lo mila rifugiati sono stati accolti. La pressione dei rifugiati e dei migranti è un fatto strutturale, non un’emergenza. Ha ragione Matteo Renzi quando chiede alla Ue una concreta considerazione dello sforzo dell’Italia. Siamo diventati la porta dell’Europa. E non la chiudiamo.