Fonte: Corriere della Sera
La nomina dei nuovi arcivescovi di Bologna e Palermo è una sorpresa per il profilo dei due prescelti. Il nuovo vescovo di Palermo, Corrado Lorefice, è un parroco siciliano che ha scritto un libro sulla Chiesa dei poveri secondo il Concilio Vaticano II: viene chiamato a una sede prestigiosa a cui erano inviati normalmente vescovi provati. A Bologna è stato nominato Matteo Zuppi, vescovo ausiliare di Roma, uomo dell’incontro, con all’attivo una storia di impegno per i poveri e per la pace in Africa. La nomina di questi due vescovi «di strada», ma anche del dialogo, è stata comunicata proprio il giorno anniversario della preghiera per la pace tra le religioni voluta nel 1986 da Giovanni Paolo II quasi trent’anni fa. Queste scelte sono un segno indicatore per l’intero cattolicesimo italiano, alla vigilia del prossimo convegno nazionale della Chiesa a Firenze. Avvengono anche dopo il Sinodo dei vescovi, quello in cui si è più discusso in tutta la storia di questa istituzione. Molti hanno ipotizzato, sia per il Sinodo sia per gli attacchi mediatici al Papa, una fase calante di un pontificato, finora caratterizzato da una lunga «luna di miele» con l`opinione pubblica. In realtà non sono le discussioni a spaventare o rallentare il Papa. Le avrebbe potute evitare introducendo una riforma sui matrimoni motu proprio. Certo, ha avuto qualche spiacevole sorpresa nei lavori sinodali («metodi non del tutto benevoli» – ha detto). Sono modi che, per lui, nascono dall`ideologizzazione della fede. Invece vanno superate «ogni ermeneutica cospirativa o chiusura di prospettive» – ha ammonito. Sono parole forti e chiare, unite all`invito a vivere il Vangelo come fonte viva, mentre c’è «chi vuole “indottrinarlo” in pietre morte da scagliare contro gli altri». In realtà Francesco sa che una Chiesa di un miliardo di fedeli, presente in mondi tanto differenti, ha bisogno di nuova articolazione e di più profonda coesione. Le differenze ci sono. Ma non si risponde con più centralizzazione, mostratasi, negli ultimi anni, in affanno nelle strutture vaticane. Il mondo globale da una parte unifica mentalità e costumi, ma dall`altra provoca radicalizzazioni delle identità. La Chiesa anglicana è arrivata al conflitto tra le comunità africane e inglesi. Per la Chiesa cattolica è un`altra storia, anche se i mondi che la compongono sono variegati. Al recente Sinodo, sono emersi blocchi, che ricordavano quelli nazionali degli antichi Concili (che però erano legati agli Stati). Si è vista la differenza dei vescovi dell`Est europeo dai colleghi occidentali.
Il rapporto tra Cristianesimo e nazione nell’Est, nonostante la secolarizzazione, è diverso dall’Ovest. I vescovi polacchi hanno fatto quadrato sulla famiglia, mentre le opinioni dei vescovi dell`Europa occidentale erano diversificate. C’è poi il blocco africano, non così compatto com’è rappresentato. L`Africa è ricca e complessa. Modelli d’inculturazione del passato sembrano arcaici per i giovani che aspirano a stili di vita globali. La famiglia africana non è più quella di una volta, come si vede dalle gravi difficoltà degli anziani a differenza di ieri.
Il Papa andrà prossimamente in Africa e proporrà la grande sfida della missione di fronte a quella delle sette e dell`Islam, ma pure in presenza di corruzione e diritti dell’uomo calpestati. Sta per aprire una nuova pagina del pontificato in un continente in cui la storia corre. Bisogna mettere insieme mondi diversi nella Chiesa. Francesco parla di «decentralizzazione», non per indulgere a spinte centrifughe, ma perché convinto che la complessità vada composta camminando insieme: «sinodalmente» ha detto. Il che non significa una Chiesa introversa che passa il tempo a discutere e litigare. Nemmeno la copia del regime sinodale ortodosso, incentrato sull`orizzonte nazionale.
Nel cuore di questo vasto e vario popolo, c’è il ministero del Papa: «Non è una limitazione della libertà, ma una garanzia dell`unità» – ha detto Francesco, disponibile, come lo fu Giovanni Paolo II, a rivederne le forme di esercizio. Quindi non sono le mediocri «bombe» mediatiche né le discussioni sinodali a impegnare il Papa, bensì la realizzazione d`una Chiesa-popolo, non minoranza «pura e dura», globalmente unita in un mondo lacerato e conflittuale. È un grande cantiere – un processo, direbbe il Papa – a cui egli vuole associare vescovi «di strada», per dare coraggio a un popolo che continua a mostrare voglia di partecipare a questa stagione della Chiesa. In questa linea la nomina di monsignor Zuppi e monsignor Lorefice è un passo ulteriore.