27/07/2020 Liliana Segre, quando il Vaticano cercò di venirle in soccorso

di Andrea Riccardi

Fonte: Corriere della Sera

Esponenti della Santa Sede, compreso il futuro Papa Paolo VI, chiesero invano notizie ai nazisti. Gli zii materni di Liliana avevano cercato l’aiuto delle autorità ecclesiastiche. La riflessione di Andrea Riccardi

Una delle tante storie dolorose degli ebrei durante la Seconda guerra mondiale ha lasciato una traccia nell’Archivio Apostolico Vaticano, recentemente aperto proprio per quegli anni. Potrebbe confondersi tra la gran mole di testi sulla vicenda, se non manifestasse la tenacia degli affetti che lottano a mani nude contro la macchina implacabile dello sterminio. Riguarda un personaggio noto, la senatrice a vita Liliana Segre, deportata con suo padre Alberto a Auschwitz, da una Milano che la senatrice definisce immersa nell’«indifferenza».

Alberto Segre aveva deciso di non fuggire al momento delle leggi razziste del 1938, come ricorda la senatrice, nonostante le pressioni fattegli dal padre di Tullia Zevi, suo amico, tale era la fiducia nell’Italia. Poi nel 1943 tutto precipitò, una fuga fallì e il loro destino fu segnato. Tuttavia, qualcuno non si era rassegnato a perderli nel turbine della guerra e dello sterminio. Erano i fratelli della madre di Liliana, Lucia, morta quando lei non aveva ancora un anno: Oscar e Dario Foligno. Oscar, internato in Svizzera, sollecitò la nunziatura apostolica a Berna, guidata da monsignor Filippo Bernardini, in contatto con gli ambienti ebraici e la Croce Rossa internazionale. Il 30 giugno 1944, Foligno inviò un messaggio che ancor oggi è toccante nella sua semplicità: «Pensovi con tanto affetto tranquillizzatemi vostro stato di salute indicando se possibile invio pacchi… Abbiate fede vi abbraccio Oscar». Il testo è stringato: non si potevano superare le 25 parole. Sperava che i suoi cari avrebbero potuto leggerlo. Li pensava deportati in Slovacchia.

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