08/03/2016 Nel Mediterraneo costruiamo ponti in tempo di muri

di Andrea Riccardi

Fonte: Huffington Post

In questo tempo, attraversato da guerre e conflitti di diversa natura, il Mediterraneo torna a essere un crocevia fondamentale da cui può e deve passare l’alternativa della pace e del dialogo. In realtà questo mare lo è sempre stato da millenni, per la sua posizione geografica e per le civiltà che si sono sviluppate attorno alle sue sponde. E, in modo particolare, le città che si affacciano sul Mediterraneo hanno svolto un ruolo strategico per la coabitazione. Sono città-porto che vivono di relazioni e costruiscono “culture-porto” e “culture-ponte”: il contrario delle “culture-mura” che si stanno pericolosamente sviluppando soprattutto nel Nord e nell’Est dell’Europa.

Se n’è parlato qualche giorno fa a Livorno, importante porto del Mediterraneo, a Medì, il convegno che ha visto la partecipazione di sindaci e rappresentanti delle istituzioni di tante città e Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, dalla Grecia al Marocco, dalla Francia alla Turchia.

Di fronte all’attuale scenario internazionale, che vede proprio il Mediterraneo minacciato dall’espandersi dei conflitti, è necessario lavorare con le sue sponde più problematiche: la geografia non è uno scherzo e la geografia di prossimità necessita di rapporti. Pesa gravemente, in tutta l’area, l’assenza di una politica di pace e in Libia si torna a parlare di intervento armato. Abbiamo già visto le conseguenze della sciagurata operazione portata avanti appena cinque anni fa senza offrire un’alternativa al passato. In realtà, solo i libici possono sollevare la situazione del loro Paese e occorre aiutarli.

Non cediamo alla tentazione di una guerra che non si pone il problema di una progressiva pacificazione di questo Paese confinante, attraverso il mare, con l’Italia e l’Europa. Non alziamo lo sguardo sulle crisi attuali in modo emotivo. Anche perché il Mediterraneo è complesso e ha bisogno di risposte complesse che sfuggano alle semplificazioni ideologiche.

Negli ultimi tempi stiamo assistendo a uno spostamento della cortina di ferro da Est a Sud, ma il Mediterraneo, per sua natura, è un luogo che non si può dividere in modo bipolare. Guardiamolo a partire dalle angolazioni delle diverse città che vi si affacciano. Basta pensare che il 30 per cento del turismo internazionale si svolge nel Mediterraneo, con Civitavecchia che è diventato il suo primo porto turistico. Un esempio positivo, che spiega bene quanto ci sia bisogno di questa anima che è nel profondo del Mediterraneo e delle sue città, lo abbiamo visto proprio in questi giorni con l’apertura dei primi corridoi umanitari da Beirut, capitale del Libano e porto importante: profughi siriani che finalmente sono potuti approdare in Europa senza sottoporsi al terribile esame della morte con i barconi, che ha lasciato per troppo tempo fiorire un’impressionante industria criminale sulla pelle di chi fugge dalle guerre. Oggi, più che mai, occorre lavorare nella direzione della pace e le città del Mediterraneo possono offrire un contributo importante.

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