27/06/2020 Neppure il Covid fa cessare le guerre

di Andrea Riccardi

Fonte: Famiglia Cristiana

Inascoltato l’appello del segretario Onu Antonio Guterres di battere la pandemia uniti. E in pace.

Che succede nel mondo, mentre siamo impegnati a casa nostra nella lotta con le conseguenze sanitarie e sociali del Covid-19? Pochi hanno ascoltato l’appello storico del segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, perché il mondo si schieri unito contro la pandemia, ponendo fine ai troppi conflitti aperti.

Noi italiani dobbiamo accorgerci che molto è cambiato a pochi chilometri dalle nostre coste meridionali. L’offensiva tracotante del generale Haftar in Libia, appoggiata da Egitto e Russia, è stata respinta dal Governo di Tripoli con l’aiuto della Turchia (gli italiani avevano scacciato nel 1911 l’Impero ottomano per colonizzare la regione). Una forza militare turca notevole è in Libia, accanto a presenze arabe inquietanti, sue alleate. La Turchia gestirà l’emigrazione dalla Libia verso l’Italia come fa con quella verso i Balcani? Ormai il Governo di Ankara è una presenza su tanti scacchieri: dalla Somalia verso la costa orientale africana. Con i turchi hanno dovuto collaborare gli italiani per liberare Silvia Romano.
L’Egitto è in difficoltà. Sono in difficoltà gli egiziani sotto un regime sempre più repressivo, che si giustifica con la lotta all’islamismo. L’irrisolto caso giudiziario Regeni è sotto gli occhi di tutti.

Ma che ne è di Zaki, attivista per i diritti umani e studente a Bologna, sperduto in un carcere egiziano? Siamo ancora convinti che la repressione violenta non solo è immorale, ma genera ulteriore violenza.
Intanto continua la guerra in Siria. I siriani sono alla fame, presi nella morsa di un regime spietato e delle sanzioni. È dal 2011 che si combatte in Siria e ora si assiste a un confronto tra russi e turchi. Due milioni di profughi siriani sono in Turchia e 1.200.000 in Libano. Il Mediterraneo è un mare di dolori.

Ovunque ci sono segnali preoccupanti. Ricordo gli scontri militari tra due giganti asiatici per i confini (qui si combatté nel 1962): l’India e la Cina, che ha un’economia cinque volte quella indiana. L’India, infiammata dalla passione nazionalista, è alle prese con la grave crisi del Covid-19.

Un altro segnale preoccupante viene dalla Corea, dove quella del Nord ha fatto esplodere l’ufficio di collegamento con quella del Sud, “ponte” simbolico di dialogo, inaugurato nel 2018. Sono segnali bellicosi in un mondo che fluttua nel vuoto di politiche coerenti, sulla spinta di interessi particolari e conflittuali. Si rischia di scivolare in avventure belliche ancor più drammatiche.

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