di Giampiero Calapà

08/06/2023 Il fondatore di Sant’Egidio: “la fede dell’élite nelle armi ha spento ogni diplomazia”

di Andrea Riccardi

Fonte: Il Fatto Quotidiano

“Quando parliamo della situazione in Ucraina abbiamo il brutto vizio di ritenere importanti polemiche e questioni di politica interna poco rilevanti”. Andrea Riccardi, ex ministro, storico, attivista e fondatore di Sant’Egidio, mette i puntini sulle i: “Ritengo, questo sì, che non sia stata data abbastanza voce all’Italia che vuole la pace in quest’anno e mezzo di conflitto”.

C’è una polarizzazione molto forte tra ragioni della pace e della guerra: la missione del cardinale Zuppi non è forse stata così supportata dalla politica italiana; Ciani, incassato il ruolo di vice capogruppo Pd alla Camera, ha espresso un parere “pacifista” ed è stato aggredito da gran parte del partito. Fatti indicativi?

Per me la polarizzazione drammatica è quella tra Russia e Ucraina, dovuta all’aggressione russa e con il conto della guerra pagato dalle popolazioni ucraine. In questo quadro ci dimentichiamo che la pace è anche un obiettivo di guerra e sono preoccupato perché i conflitti contemporanei tendono a divenire eterni: sull’Ucraina aleggia lo spettro della Siria, in più con la minaccia nucleare.
Veniamo al cardinale Zuppi: una mediazione di pace si realizza su richiesta di entrambe le parti in conflitto, come fu per il Vaticano tra Argentina e Cile. Non è questo il caso. Ma papa Francesco ha inviato Zuppi (che rappresenta anche la Chiesa italiana) per riannodare i fili del dialogo: un’operazione di “ascolto”. E sono stato colpito dal tempo dedicatogli da Zelensky in una giornata drammatica per il crollo della diga. La missione è senza risultati? Certo, ma la missione di pace non è nemmeno iniziata. Poi se l’attesa era per un miracolo, devo dire che purtroppo i processi di pace sono lunghissimi, se li si conosce. Del resto non si è investito nulla sulla diplomazia. Intanto il mondo cattolico, anche attraverso l’aiuto umanitario, partecipa alla resistenza ucraina.

E rispetto alle vicende del Partito democratico?

Non ho interesse a parlarne: non sono un “pdologo” (scherza, ndr).
Ritengo, ripeto, che non si sia investito sulla diplomazia, ma credo che il governo italiano, per tornare a quanto mi chiedeva prima, guardi con interesse all’iniziativa della Santa Sede e questo basta.

Il Vaticano, Sant’Egidio, Paesi non allineati come il Brasile, per altri versi e con intenti discutibili quanto vogliamo Turchia e Cina, si stanno prodigando in tentativi di mediazione. Quanto è mancata l’Unione europea nello svolgere un ruolo simile?

È la questione centrale. La diplomazia ucraina si sta accorgendo che tutto il mondo non è l’Europa. Oggi i grandi Paesi del Sud globale contano. Perché il prezzo di un conflitto del genere lo pagano tutti: la questione del grano, le migrazioni, i mercati… tutto questo sommovimento sta diventando una proposta diplomatica? Non lo so. La Cina ha avanzato quella più consistente.

Molto criticata, però, in Occidente.

Un po’ criticata, ma anche considerata. E mancata l’azione diplomatica europea, ha ragione. Non c’è chi si preoccupa di costruire assetti futuri. Durante la guerra mondiale, gli americani combattevano, ma lavoravano anche sul progetto-futuro. Nel 1945 Roosevelt arrivò a Yalta con un’idea di Europa futura, Stalin ne aveva un’altra. Qui non sembra che oggi ci siano idee in campo e bisogna capire anche quale sia la prospettiva di pace russa.

Che cosa pensa dell’invio delle armi?

Bisogna rilanciare e aprire l’iniziativa diplomatica. Dopo un anno e mezzo, flebili luci diplomatiche si sono spente. Noto un fideismo nella guerra e nelle armi senza un ragionamento realistico: la Russia è un grande Paese e c’è una sproporzione, oltre alla questione nucleare, di cui non si può non tenere conto. La politica non può abdicare alla sua funzione direttiva come ha fatto l’Europa. Ma entreranno in campo altri Paesi, altri mondi, e a questo punto è interessante e positivo. E non dimentichiamo che c’è un problema russo: bisogna ristabilire i rapporti tra Europa e Russia, perché la politica deve fare i conti con la geografia.

Ritiene che siano corso nella società e nei principali media, una mutazione bellicista di linguaggi e sentimenti?

Credo, e i sondaggi lo confermano, che la maggioranza degli italiani sia, non solo a sinistra, molto preoccupata per la guerra. Poi le élite sono un’altra cosa, diciamo così… Anche durante la Seconda guerra mondiale, con una opinione pubblica totalmente controllata, la maggioranza era per la pace. Ritengo che a questa Italia, dopo un anno e mezzo, non sia stata data ancora abbastanza voce.