di Giovanna Casadio

16/04/2022 Una tregua nella Pasqua ortodossa per costruire la pace. Intervista ad Andrea Riccardi

di Andrea Riccardi

Fonte: La Repubblica

Neutralità è una parola che non mi piace perché esclude la partecipazione Bisogna essere veri pacificatori, non limitarsi a dire né-né. Il Papa viene criticato perché non condanna Putin per nome, ma non è un tribunale e ha già condannato questa guerra folle.

«Ogni giorno che passa allontana la pace. Una tregua nella Pasqua ortodossa, tra una settimana, ci permetterebbe di assaporare il silenzio delle armi e potrebbe essere il principio di una stagione negoziale».

Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, ex ministro, storico, parla dell’inasprimento degli animi e dell’esasperazione degli ucraini alla base delle proteste per la Via Crucis a cui il Papa ha voluto partecipassero ucraini e russi. «La pace è un discorso complesso. Dobbiamo essere pacificatori», avverte.

Riccardi, dopo 51 giorni di guerra, persino l’appello del Papa, rilanciato da Sant’Egidio, di una tregua per Pasqua, resta inascoltato?
«Abbiamo insistito per una tregua durante la Pasqua ortodossa, tra una settimana: è una grande occasione per fermare il conflitto, per evitare altre morti e per assaporare quel silenzio delle armi che da 51 giorni abbiamo perduto. La tregua può essere una pausa, ma anche il principio di una stagione negoziale».

La Via Crucis del Papa con una famiglia russa e una ucraina ha sollevato le proteste dell’ambasciatore ucraino presso la Santa Sede.
«La protesta è stata anche dell’arcivescovo greco-cattolico Shevchuk: rivela l’inasprimento degli animi degli ucraini con quel che succede. Il Papa ha voluto tenere desto l’ideale che sta all’orizzonte: no alla guerra fratricida, sì alla necessità di vivere insieme in pace. Francesco è criticato, ad esempio in Polonia, perché non condanna Putin per nome. Ma il Papa non è un tribunale e ha espresso dolore e condanna per questa guerra che è una follia. Meno male che c’è il Papa, se no ci troveremmo in una semplificazione. Da un lato, se dici pace sei un putiniano; dall’altro ti identifichi del tutto con Zelensky, che diventa Davide. La pace è complessa. Per me pace è volere un’Ucraina libera».

Lei si sente ucraino?
«Mi identifico molto con gli ucraini. Sant’Egidio è in Ucraina, una nostra sede è stata colpita a Kiev. Io sono stato a Leopoli dagli anni ’80, ricordo gli indipendentisti clandestini di allora che dicevano “saremo il Piemonte dell’Ucraina e ne faremo l’unità”. Mi piace quel Paese perché è molteplice: ucraini, russi, armeni, rom, polacchi, gente di tutti i tipi. Dall’indipendenza ha sofferto grandi squilibri e ha cercato un’identità. Oggi, con la brutale aggressione russa, tutti gli ucraini, anche russofoni, si sentono ucraini. Le donne, poi, sono la colonna del Paese».

Ma le atrocità, come a Bucha, allontanano negoziati e pace?
«Ogni giorno di guerra allontana la pace. Sotto i nostri occhi c’è una guerra di distruzione molto simile a quella siriana, tanto che il comandante delle truppe russe in Ucraina è Dvornikov, lo stesso che guidava i russi in Siria».

Chi è pacifista oggi? La sinistra radicale che si dice neutrale? L’Anpi con i suoi dubbi?
«Neutralità è un’espressione che non mi piace, perché esclude la partecipazione. Bisogna essere
pacificatori, cercare le vie della pace, che sono impervie. Siamo in una situazione di scontro e dobbiamo partire da qui, non essere neutrali, non dire “né né”. Pacificatori è un ruolo da europei, da cristiani, da gente saggia».

Armare Kiev; aumentare le spese militari. Cosa ne pensa?
«La guerra comporta un aumento di investimenti militari. Ma c’è stata un’accelerazione. Non ho in mente solo l’Italia, quanto la Germania. Siamo davanti a un fatto importante: la Germania ridiventa una potenza militare. E cosa faranno i francesi? La strada migliore è investire in un esercito europeo comune».

Il ruolo dell’Europa?
«Corretto, ma modesto. Come la sua leadership. Proprio ora l’Europa delle democrazie dovrebbe grandeggiare, sapendo dialogare con gli Usa, che non è detto abbiano la stessa visione e lo stesso timing della Ue».

Una via d’uscita da questa guerra è possibile?
«Deve esserlo. O resta lo spettro della guerra totale, con l’atomica in campo. L’altro spettro è una guerra incistata. Oggi le guerre nel mondo non si vincono e non si perdono, ma si eternizzano. Basti vedere la Siria. Nessuno perde la faccia, ma la gente perde la vita. E l’enorme crisi economica mondiale è alle porte».

Non c’è buona fede da parte di Putin, quindi come si fa a trattare?
«Negoziare significa che Putin deve capire che non può vincere come credeva. Oltre alle sanzioni ci vogliono pressioni diplomatiche».

Sanzioni alla Russia e quindi stop al gas russo. Ma acquistandolo dall’Egitto, che non consente di avere verità e giustizia per Giulio Regeni?
«Cercare il gas altrove è legittimo. Il caso Regeni e la condizione dei diritti umani in Egitto però non devono essere mai archiviati».