Fonte: Corriere della Sera
Francesco e Kirill, l’incontro atteso mille anni dalle due Chiese divise dallo scisma. Un dialogo che nasce anche dall`esigenza di fare fronte comune contro le guerre.
A Cuba i due pastori hanno firmato un documento storico che pone fine a secoli di conflitti religiosi e chiede pace nel mondo
Il quadro dell’incontro tra Francesco e il patriarca Kirill è stato spoglio, non simbolico come per eventi del genere: solo una sala dell’aeroporto dell’Avana. Tutto si è concentrato sul colloquio (dalla lunghezza inusuale) e sulla firma di un denso documento con trenta capitoletti.
I due primati volevano parlare chiaramente tra loro («da vescovi» – ha detto Bergoglio), consapevoli dell’evento «storico» atteso fin dal Vaticano II. Ne è emersa una scelta comune: un ecumenismo dei fatti e della «solidarietà cristiana» (per usare un’espressione del metropolita Nikodim, maestro di Kirill). Non un’alleanza solo in difesa dei valori né un altro dialogo teologico. Il Papa ha detto: «Si è fatto un programma di possibili attività in comune, perché l`unità si fa camminando». Il mondo globale impone alle Chiese una responsabilità comune: non agire in ordine sparso o in modo competitivo, soprattutto di fronte alle sfide di questa stagione di crisi. Se avesse guardato solo alla situazione interna, forse Kirill avrebbe aspettato ancora a vedere il Papa: resistenze verranno dagli ambienti russi che hanno frenato le conquiste ecumeniche di Nikodim, morto nel 1978. Hanno pesato dopo l’89 anche lo spaesamento nelle macerie dell’Urss, l’emergere dei greco-cattolici in Ucraina (dopo tanta persecuzione), il timore della missione cattolica in Russia, le spinte globali in una società non più isolata. Ma ora Kirill è più forte. Metà dell’episcopato è stato nominato da lui.
La Chiesa russa è multinazionale. Sulla questione ucraina, il patriarca non è schiacciato su Putin. Vuole essere un leader spirituale globale. Per questo l’incontro è avvenuto, senza imbarazzi, a Cuba. Anzi, con questo gesto, il patriarca ha superato in modo spirituale l’embargo alla Russia. Le crisi sono presenti nel documento dell’Avana. Il testo contiene una visione del mondo condivisa (rara nei testi ecumenici). Al primo posto il Medio Oriente con la guerra e il terrorismo. Soprattutto la fine dei cristiani d’Oriente: un’amputazione delle radici e un dramma umano per le Chiese. Si ricordano i metropoliti d’Aleppo, Yazigi e Mar Gregorios, rapiti nel 2013. Nell’appello alla comunità internazionale per il Medio Oriente, è forte la volontà delle due Chiese di non lasciare niente d’intentato e di agire insieme. Del resto, Francesco non ha mai accettato l’esclusione russa dalla ricerca di soluzioni per la pace in Medio Oriente. Per il Vaticano, il mondo russo è un soggetto con cui la comunità internazionale deve fare i conti. Nel documento dell`Avana c`è un superamento del mito di società omogenee e chiuse o del modello etnoreligioso dell`Est europeo (che identifica nazione e religione). Per vivere in un mondo plurale, «il dialogo interreligioso è indispensabile». Non va dimenticato l’appoggio russo, fin dall’inizio nel 1986, allo sviluppo dello «spirito di Assisi», in cui s`intrecciano ricerca della pace, dialogo interreligioso ed ecumenico. Bisogna poi superare i conflitti tra i cristiani. In Ucraina, i rapporti tra ortodossi e greco-cattolici sono difficili. Il documento dell’Avana afferma la piena libertà religiosa dei greco-cattolici, ma ribadisce che l’unità dei cristiani non passa attraverso il «ritorno a Roma» dei non cattolici. È una svolta, dopo secoli conflittuali:
«Non siamo concorrenti, ma fratelli, e da questo concetto devono essere guidate tutte le nostre azioni reciproche e verso il mondo esterno». Le posizioni sull’Ucraina sono impegnative: specie l’esortazione ai fedeli di non partecipare allo scontro e di non sostenere lo sviluppo della guerra. Come sarà recepita da greco-cattolici e ortodossi? A Mosca è piaciuta molto l`affermazione di Francesco, per cui in Ucraina c`è una «guerra fratricida». Francesco e Kirill hanno trattato dei conflitti e della «crisi di civiltà», consapevoli dell’esistenza di grandi risorse religiose, esemplificate nella vitalità del cristianesimo latinoamericano e russo. E l’Europa? Qui sono più cauti: avvertono la necessità d’una comune difesa delle «radici cristiane», della famiglia e dei valori della vita. L’Europa, terra di antichi scontri e di secolarizzazione, non ha un ruolo così centrale, come pensavano Wojtyla e Ratzinger. Ma il Cristianesimo russo è esterno all`Europa? Certo la visione del Papa e del Patriarca non è centrata sull’Europa e risente della multipolarità del mondo globale. C’è chi ha trovato troppo politico il documento dell’Avana. Così non è. Nel testo si sente il dolore per mille anni di divisione tra cristiani e per i problemi aperti. E forte anche la convinzione che i martiri di qualunque confessione esprimano già lunità dei cristiani. La prospettiva resta quindi l’`unità: i cristiani «siano riuniti, al tempo stabilito, in un solo popolo…». Intanto, però, il Papa e il Patriarca impegnano le loro Chiese a lavorare su pace, testimonianza comune, solidarietà e giustizia. L’unità si fa – hanno ribadito – camminando e lavorando insieme.