Fonte: Famiglia Cristiana
Andrea Riccardi nel suo editoriale su Famiglia Cristiana riflette nuovamente sul tema dell’accoglienza dei migranti, riprendendo le parole di Papa Francesco. La soluzione non è chiudere le frontiere, ma aumentare gli accessi sicuri e legali e integrare
La crisi di Gaza può essere un nuovo innesco per il terrorismo in Europa? È quanto teme il Governo tedesco dopo l’attentato di Solingen: un siriano (avrebbe dovuto essere rinviato in Bulgaria), con un coltello ha ucciso tre persone e ne ha ferite sei. Si è dichiarato membro dell’Isis. In Francia, un algerino, con regolare permesso di soggiorno, ha tentato di appiccare il fuoco a una sinagoga prima della funzione del sabato. In Francia gli attentati antisemiti sono quadruplicati nell’ultimo periodo di guerra a Gaza, dopo l’attacco terroristico di Hamas. L’Europa rischia di nuovo di essere sotto attacco terroristico?
Nessuno ha la risposta, bisogna vigilare, ma anche investire sull’integrazione nella società, nella scuola, al lavoro. E poi le situazioni sono diverse da Paese a Paese.
L’Italia ha bisogno di immigrati per il deficit demografico. Il governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, lo ha detto con chiarezza. Il grande lavoro da fare è sull’integrazione dentro le nostre società. Non tanto sulle frontiere da proteggere dall’immigrazione clandestina. Al contrario, di fronte a ogni crisi l’attenzione si concentra sulle frontiere più che sulla costruzione di una società capace di coesione.
Mi ha colpito che papa Francesco abbia scelto di parlare dei respingimenti all’udienza generale di mercoledì scorso. Lo ha fatto come vescovo di Roma, con l’autorità del Papa alla testa di una grande Chiesa nel Mediterraneo: «Del Mediterraneo ho parlato tante volte, perché sono vescovo di Roma e perché è emblematico: il Mare nostrum… è diventato un cimitero. E la tragedia è che molti, la maggior parte di questi morti, potevano essere salvati. Bisogna dirlo con chiarezza: c’è chi opera sistematicamente e con ogni mezzo per respingere i migranti».
Durante la visita a Lampedusa all’inizio del suo pontificato, Francesco denunciò la “globalizzazione dell’indifferenza”. Oggi ribadisce: respingere i migranti, «quando è fatto con coscienza e responsabilità, è un peccato grave». Sono parole forti che dovrebbero far riflettere.
Questa è da sempre la posizione del Papa. Alcuni giornali parlano di divaricazione tra i vescovi italiani, non troppo critici sui respingimenti (non certo per motivi di schieramento politico), e Francesco, che avrebbe tutt’altro atteggiamento. Un`interpretazione che non regge. C’è una visione comune che coinvolge il Papa, tanti cristiani, gente pensosa sulla sorte di molti caduti e sul futuro dell’Italia. È un’ingenuità? No, è il rifiuto di una semplificazione! Il problema è complesso: non si risolve respingendo, ma trovando strade diverse.
Infatti, Francesco conclude: «Su una cosa potremmo essere tutti d`accordo: in quei mari e in quei deserti mortali, i migranti di oggi non dovrebbero esserci… Ma non è attraverso leggi più restrittive, non è con la militarizzazione delle frontiere, non è con i respingimenti che otterremo questo risultato. Lo otterremo invece ampliando le vie di accesso sicure e le vie di accesso regolari per i migranti, facilitando il rifugio per chi scappa da guerre, dalle violenze, dalle persecuzioni e dalle tante calamità; lo otterremo favorendo in ogni modo una governance globale delle migrazioni fondata sulla giustizia, sulla fratellanza e sulla solidarietà. E unendo le forze per combattere la tratta di esseri umani».